L’India detiene il record di diversità genetiche
Con 1 miliardo e 430 mila abitanti, l’India ha superato la Cina. E detiene anche il record di diversità genetica al suo interno. L’India è considerata un tesoro per i genetisti e i biologi evoluzionisti perché composta da più di 4.500 popolazioni antropologicamente ben definite (caste, tribù e gruppi religiosi). Queste popolazioni cambiano per cultura, lingua, per posizione geografica e climatica, fattori che assieme a diversi gradi di endogamia (l’usanza di sposarsi all’interno dello stesso gruppo sociale) si riflettono in diverse architetture genetiche.
Lo studio. Una nuova ricerca sui genomi di 2.762 individui rappresentativi dei principali gruppi tribali e di casta, delle varie lingue e aree geografiche, pubblicata su bioRxiv ha permesso di ricostruire la storia evolutiva della popolazione indiana.
I grandi protagonisti. Si è visto che la maggior parte degli indiani derivano da tre gruppi ancestrali: il primo legato agli antichi agricoltori iraniani, il secondo ai pastori della steppa eurasiatica e il terzo ai cacciatori raccoglitori dell’Asia meridionale. La componente indiana derivata dagli antichi agricoltori dell’Iran, può a sua volta essere fatta risalire a un gruppo di agricoltori neolitici di Sarazm, nell’odierno Tagikistan. Successivamente, a partite da circa 5mila anni fa, in modo analogo a quello che accadde in Europa, ci furono, in corrispondenza della domesticazione del cavallo, gli spostamenti dalle steppe euroasiatiche di pastori (seconda componente genetica indiana) che si sovrapposero agli agricoltori. Il flusso più cospicuo dalle steppe sarebbe avvenuto circa 3.000 anni fa con la cosiddetta cultura pastorale Yamnaya.
Barriere economiche e culturali. I pastori rappresentavano un tipo di società patriarcale che secondo gli storici sarebbe all’origine anche delle caste. Da allora l’India ebbe un grande cambiamento demografico verso l’endogamia, a causa di barriere tribali e delle caste, con conseguente ampia omozigosi (dovuta alla consanguineità) assieme alla trasmissione delle diverse identità culturali “chiuse” per discendenza.
Loro e i Neanderthal. A scale temporali molto più antiche, gli indiani devono circa l’1-2% dei loro geni ai Neanderthaliani e ai Denisoviani, i parenti estinti più stretti dell’uomo moderno. Gli indiani hanno sorprendentemente la più grande variazione di ascendenza genetica di Neanderthal, così come la più alta quantità di segmenti di Neanderthal specifici, fra la popolazione mondiale. In altre parole, quasi il 90% di tutti i geni di Neanderthal conosciuti, trovati negli esseri umani al di fuori dell’Africa, sono stati rilevati nei genomi indiani studiati.
Nuovi scenari. Questo pone interessanti interrogativi.
Per esempio, i ricercatori si domandano se i Neanderthal arrivavano fino all’Asia meridionale, o se gli esseri umani moderni, poi finiti in India, incontrarono i Neanderthal più a est in Eurasia di quanto si creda in base ai ritrovamenti archeologici finora avvenuti. E poi i loro geni, frutto di incroci, furono portati con loro in India. Infine, lo studio afferma che la maggior parte della variazione genetica negli indiani deriva da una singola grande migrazione di Homo sapiens fuori dall’Africa avvenuta circa 50mila anni fa, con un contributo minimo dalle precedenti ondate migratorie dei sapiens che, evitando l’Europa, si erano spinti nel vicino Oriente.
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