Esperienza extracorporea: cosa succede?
Medici e scienziati se lo chiedono fin dall’800, ma solo di recente le neuroscienze hanno consentito di definire meglio quel che accade e così di capire anche qualcosa di più del senso del sé e della coscienza, che sono in qualche modo svincolati dalla realtà durante un’esperienza extracorporea. Chi l’ha provata racconta infatti di essersi sentito senza peso, come se stesse andando alla deriva, e tanti riferiscono di aver visto il proprio corpo dall’alto; in genere si tratta di eventi che sono avvenuti durante la transizione fra stati diversi della coscienza, per esempio in occasione di un’anestesia generale, quando ci si risveglia dal sonno, o dopo esperienze di premorte.
Aree cerebrali. Ricercatori dell’Università di Stanford (Usa), di recente, hanno scoperto che le esperienze extracorporee possono essere indotte se si stimolano precise aree cerebrali, fra cui il precuneo anteriore, una zona dove informazioni sensoriali come dolore, pressione, temperatura vengono integrate e combinate con ciò che arriva dalla vista e dagli organi vestibolari nell’orecchio interno, che forniscono dati su equilibrio, stabilità, orientamento del corpo nello spazio. Bastano dai 2 ai 4 secondi di stimolazione del precuneo anteriore per provare una sensazione di dissociazione corporea e una distorsione del senso del sé, che perciò si conferma connesso all’integrazione fra le percezioni relative al nostro corpo e all’ambiente.
Alterazioni della memoria. Altri studi, non a caso, hanno dimostrato che è più probabile avere esperienze extracorporee se le informazioni che arrivano dai sensi non “combaciano”, cosa che accade per esempio in chi soffre di disturbi vestibolari come le vertigini parossistiche benigne: se i dati che indicano dove siamo nello spazio non tornano con quanto percepiamo con gli occhi o con altri sensi, lo schema corporeo “salta” e con quello il senso di sé. Che tuttavia sarebbe associato anche alla capacità di viaggiare nel tempo con la mente tipica dell’uomo: ricordare il passato e immaginare il futuro ci dà la percezione di avere un sé “continuo”, che resta costantemente in noi, perciò anche alterazioni della memoria pare possano favorire le esperienze extracorporee.
Distorsione della consapevolezza. Il precuneo anteriore però non è l’ unica sede della coscienza o del senso di sé, che risiederebbero in una rete di connessioni fra regioni e funzioni cerebrali differenti, continuamente in dialogo fra loro per darci l’esperienza di ciò che siamo e dove. Di certo in momenti di transizione fra stati di coscienza come sonno/veglia o anestesia/veglia, il cervello lavora freneticamente per dare un senso alle informazioni che arrivano dal corpo e dall’esterno, e che possono essere in contrasto fra loro: quando non riesce a fare una sintesi fra i dati in arrivo, diventa più probabile avere un’esperienza extracorporea e una distorsione della consapevolezza.
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