In Antartide il buco dell’ozono sta danneggiando foche e pinguini
Emissioni di gas serra in aumento, temperature medie sempre più alte, eventi meteorologici sempre più estremi e sempre più frequenti. Nella lunga scia, oramai abitudinaria, di notizie ferali sul cambiamento climatico, a gennaio 2023 aveva timidamente fatto capolino una novità positiva: un rapporto delle Nazioni Unite diceva che la perdita dello strato di ozono, che ha rischiato di esporre le persone ai dannosi raggi ultravioletti del sole, era “sulla buona strada per essere completamente recuperata entro il 2040 in gran parte del mondo”, e che si sarebbe “completamente ricreata entro il 2045 sull’Artico e entro il 2066 sull’Antartide”. Tutto merito, dicevano gli esperti, dell’attuazione del protocollo di Montreal, l’accordo internazionale che dal 1989 aveva proibito l’uso delle sostanze chimiche dannose per l’ozono, tra cui i famigerati clorofluorocarburi. Ma sembra che non sia mai possibile dormire sonni tranquilli: neanche un anno dopo uno studio pubblicato su Nature certificava una preoccupante inversione
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