Il mini-cuore artificiale pediatrico

Un mini-cuore artificiale portatile promette di rivoluzionare la qualità di vita dei bambini in attesa di un trapianto di cuore, permettendo loro di trascorrere i molti mesi (talvolta anni) prima dell’intervento a casa, anziché in ospedale. Il dispositivo salvavita, chiamato Jarvik 2015 e impiantato per la prima volta al mondo in una bambina di 3 anni nel febbraio 2018 all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, è stato ora testato su un piccolo, ma comunque più ampio numero di pazienti pediatrici con insufficienza cardiaca e ha dato i risultati sperati. La ricerca è stata pubblicata sul Journal of Heart and Lung Transplantation.

Pompa ausiliaria. Quando il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue per le esigenze dell’organismo si parla di insufficienza cardiaca. Nei casi più gravi i pazienti possono avere bisogno di un dispositivo di assistenza ventricolare (Ventricular Assist Device, VAD) che aiuti la circolazione cardiaca supportando uno o entrambi i ventricoli (le cavità inferiori del cuore) nel pompare il sangue nell’aorta o nell’arteria polmonare.

Costretti a una macchina. I VAD si impiantano attraverso interventi di cardiochirurgia e sono alimentati da batterie che sono collegate attraverso un cavo che fuoriesce dall’addome del paziente. Tradizionalmente, questi macchinari sono sempre stati molto ingombranti e con un’autonomia limitata che costringeva i pazienti a rimanere vicini a una presa di corrente. Nei pazienti in età pediatrica, i dispositivi comportavano un’estrema difficoltà nei movimenti e rendevano complesso gestire una rete di relazioni al di fuori degli ospedali.

Più snello. Gli scienziati dell’Università di Stanford in California hanno testato il mini-cuore artificiale Jarvik 2015 su 7 pazienti tra i 7 mesi e i 7 anni. Il dispositivo, delle stesse dimensioni di una batteria AA, è connesso alle batterie che si indossano alla vita con una cintura attraverso un cavo addominale e pompa il sangue dal ventricolo sinistro ai principali vasi sanguigni che lo mandano nel resto del corpo. In media, i bambini lo hanno usato per 115 giorni, senza avvertire dolore e riuscendo a compiere la maggior parte delle normali attività quotidiane che si fanno a quell’età.

Gli esiti del trial. Tutti e sette sono sopravvissuti all’intervento di impianto a cuore aperto e cinque di essi hanno poi ricevuto un trapianto di cuore. Degli altri due, uno è guarito spontaneamente e un altro è passato a un diverso dispositivo che supportava anche il ventricolo destro, dopo che anche la parte destra del cuore ha cessato di funzionare.

Un bambino ha sperimentato un ictus, una delle possibili conseguenze avverse per chi è costretto a usare dispositivi VAD.

Un’attesa più libera. «Con meno materiale fuori dal corpo e non essendo legato a una pompa ingombrante, il bambino è effettivamente in grado di essere un po’ più libero e di muoversi», spiega Christopher Almond che ha guidato lo studio. Il prossimo passo sarà capire se questi strumenti possano permettere ai piccoli di trascorrere il tempo di attesa per il trapianto (un anno e un mese in media, per un trapianto di cuore in Italia) a casa, tra i loro affetti.

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