Morto il primo paziente con un rene di maiale

Non ce l’ha fatta Richard Slayman, il 62enne statunitense che a metà marzo 2024 aveva scritto la storia della chirurgia per essersi sottoposto – primo paziente in vita al mondo – a un trapianto di rene con un organo “donato” da un maiale. A poco meno di due mesi dall’intervento l’uomo è deceduto, come hanno confermato sabato 11 maggio la famiglia di Slayman e i chirurghi del Massachusetts general hospital, che avevano effettuato l’operazione.

Ignote le cause. Al momento non ci sono informazioni precise che facciano pensare che la morte sia stata indotta dall’organo, prelevato da un maiale che era stato geneticamente modificato con la tecnica di editing genetico CRISPR-Cas9 per sviluppare organi compatibili con il corpo umano e che comportassero un basso rischio di rigetto (la reazione potenzialmente letale che si verifica quando il sistema immunitario riconosce l’organo trapiantato come estraneo e gli si scatena contro).

Le modifiche genetiche operate avevano inoltre distrutto porzioni di genoma che codificano per virus tipici dei suini e che avrebbero potuto infettare il ricevente. Proprio un’infezione da cytomegalovirus suino aveva portato, nel 2022, alla morte David Bennett, 57enne con malattia cardiaca terminale divenuto la prima persona al mondo a ricevere un cuore di maiale geneticamente modificato.

Condizioni disperate. Prima dell’intervento su Slayman, reni di maiale erano stati trapiantati soltanto su pazienti in morte cerebrale e ancora connessi a sistemi di supporto vitale, nei quali avevano resistito più di un mese. Il rene trapiantato in Slayman avrebbe dovuto rimanere funzionante per oltre due anni.

Il paziente si era sottoposto allo xenotrapianto mentre già versava in condizioni critiche: nel 2018 aveva ricevuto un “normale” trapianto di rene da donatore umano, ma nel 2023 l’organo aveva smesso di funzionare e Slayman era costretto alla dialisi, con complicanze che lo obbligavano a un ricovero ospedaliero a settimane alterne.

Motivazioni nobili. Non avrebbe resistito a lungo e un nuovo organo sarebbe arrivato, nella sua situazione, non prima di cinque o sei anni. Per questo era stato proposto come candidato per uno xenotrapianto, autorizzato dalla FDA sotto al protocollo di uso compassionevole, previsto per i pazienti affetti da malattie potenzialmente letali e che non hanno altre opzioni terapeutiche.

Aveva accettato consapevole dei rischi e per fornire speranza a tutte le persone che attendono un trapianto d’organo per sopravvivere. La famiglia di Slayman ha ringraziato i medici del Massachusetts general hospital che avevano effettuato l’operazione, dicendo che grazie al trapianto Slayman ha potuto avere con i familiari altre sette settimane di vita.

C’è ancora strada da fare. Spesso proposti come possibile soluzione alla carenza di organi da trapianto, gli xenotrapianti sono ancora molto lontani da fornire quello che promettono, anche se gli ultimi tentativi hanno coinvolto animali geneticamente modificati affinché i loro organi “somigliassero” il più possibile a quelli umani.

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