Tempeste solari nelle profondità oceaniche

La recente tempesta solare che ha ci ha permesso di ammirare scintillanti aurore polari, dai Poli all’Europa centrale fino all’Africa meridionale, è stata così intensa che i suoi effetti si sono fatti sentire anche nelle profondità degli oceani.

Picco solare. Le bussole magnetiche utilizzate da Ocean Networks Canada (ONC) per monitorare l’oceano al largo delle coste canadesi hanno registrato un’intensa distorsione nel campo magnetico terrestre mentre veniva colpito da un enorme flusso di particelle espulse dal Sole.

«È un dato che rivela la potenza di queste tempeste e fornisce un’idea di come viene colpita la Terra quando si verifica questo fenomeno», ha spiegato Justin Albert dell’Università di Victoria in Canada, «Nei prossimi due anni avremo il picco del ciclo solare di 11 anni e dunque, dopo un decennio di relativa inattività, gli eventi di aurore come quelle di inizio maggio 2024 diventeranno più frequenti, anche se è impossibile fare previsioni precise».

Ricadute sulla Terra. Le tempeste solari, note anche come tempeste geomagnetiche, sono i fenomeni solari che hanno il maggiore impatto sulla Terra. Si verificano quando un’eruzione sulla superficie del Sole espelle ad alta velocità nel Sistema Solare miliardi di tonnellate di particelle aggrovigliate con campi magnetici. Quando queste espulsioni di massa coronale, o CME, arrivano sulla Terra, le particelle si scontrano con il nostro campo magnetico: un gran numero rimane impigliata, poi accelerata dal campo magneticoe infine scaricata nella nostra atmosfera.

Non solo aurore. A questo punto, le interazioni con altre particelle causano le aurore luminose. Ma questo non è l’unico effetto sulla Terra. Le interazioni generano correnti elettriche che possono causare sovratensioni e interrompere la rete elettrica. Possono causare blackout nella navigazione, nella comunicazione e nella diffusione delle onde radio. E anche altri oggetti che gravitano nello spazio, vicino alla Terra, come aerei e satelliti, vengono influenzati.

Anomalie. L’ONC dispone di osservatori sottomarini al largo delle coste orientali e occidentali del Canada, a profondità fino a 2,7 chilometri dalla superficie. Le bussole vengono utilizzate principalmente per monitorare le correnti oceaniche e i loro cambiamenti nel tempo. I dati registrati quotidianamente hanno consentito di seguire l’influenza che le tempeste solari hanno avuto sott’acqua.

Bussole in tilt. Alex Slonimer dell’ONC ha notato qualcosa di strano nei dati rilevati dalle bussole già a partire da marzo 2024, durante le prime tempeste geomagnetiche.

«Inizialmente pensavo fossero gli effetti di un terremoto, ma i cambiamenti nei dati duravano troppo a lungo e contemporaneamente in luoghi diversi», spiega Slonimer.

«Poi, esaminando i dati provenienti dai satelliti che tengono sotto controllo il Sole ho visto che quanto registrato si correlava con un brillamento solare. Quando è emersa una potente attività solare intorno al 10 maggio, i valori sono andati ancora una volta in tilt. L’effetto più pronunciato è stato rilevato su una bussola a 25 metri sotto il livello del mare, al largo della costa dell’isola di Vancouver, nel Passaggio Folger. Lì l’ago si è inclinato fino a +30 e -30 gradi».

Intensità elevata. Un evidente dato dell’influenza che può avere una CME sul nostro Pianeta. «La portata di questi dati registrati anche a centinaia di metri sotto la superficie dell’oceano», afferma la presidente dell’ONC, Kate Moran «evidenzia l’entità dei brillamenti solari di inizio maggio e suggerisce che i dati potrebbero essere utili per comprendere meglio l’estensione geografica delle ricadute e l’intensità di questi brillamenti solari».

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8 aprile: un’eclissi totale di rara spettacolarità

Lunedì 8 aprile 2024 è una data che moltissimi americani ricorderanno a lungo perché vivranno un grande evento in prima persona. Quel giorno infatti, vi sarà un’eclissi totale di Sole, che si verifica quando la Luna incrocia il suo percorso con il Sole bloccandone completamente la vista dalla Terra: il percorso descritto dall’ombra proiettata dalla Luna partirà dall’Oceano Pacifico meridionale, attraverserà il Nord America, passando per il Messico, gli Stati Uniti e il Canada, per poi terminare la sua corsanell’Oceano Atlantico.
A caccia del b&b! Dunque il fenomeno non interesserà l’Italia e neppure l’Europa, quindi non ci sarà modo di vederlo, anche in modo parziale. Nel momento di massima eclissi, lungo la fascia interessata, il cielo si oscurerà come fosse l’alba o il tramonto. Negli Stati Uniti è in atto una vera e propria mobilitazione perché un simile evento non si riproporrà sul tale territorio se non il 23 agosto 2044: è possibile farsene un’idea osservando l’animazione (qui sotto) prodotta da una società di consulenza nella gestione di bed and breakfast sul territorio degli Stati Uniti e  mostra come varia la disponibilità di appartamenti in affitto sul territorio in questi giorni (in blu le aree con molta disponibilità, in rosso quelle dove c’è il tutto esaurito, che coincidono proprio con il “percorso” dell’eclissi).

Rispetto all’eclissi totale del 2017 la Luna sarà più vicina alla Terra: meglio!

Il cosiddetto “percorso della totalità” – ossia la fascia dove gli spettatori potranno osservare la Luna oscurare totalmente il Sole rivelando l’atmosfera esterna della stella, chiamata corona – è molto più ampio rispetto all’eclissi totale del 2017, che anche allora fece mobilitare milioni di persone. Questo accade perché, mentre la Luna orbita attorno alla Terra, la sua distanza dal nostro Pianeta varia.
Più larga. Durante l’eclissi solare totale del 2017, la Luna era un po’ più lontana dalla Terra di quanto lo sarà durante l’eclissi 2024, rendendo la larghezza del percorso di quell’eclissi un po’ più ridotta: nel 2017 variava tra circa 90 a 113 chilometri, in questa occasione invece è compresa tra 172 e 195 chilometri, il che significa che in ogni momento questa eclissi coprirà più terreno rispetto al 2017.

Il periodo di massimo oscuramento sarà (un po’) più lungo: 4 minuti e 28 secondi (solo in certe zone)

Il percorso dell’eclissi del 2024 passerà anche su un maggior numero di città e aree densamente popolate rispetto al percorso del 2017. Questo farà sì che più persone potranno ammirare la condizione di eclissi totale. Si stima in 31,6 milioni il numero delle persone che vivono all’interno del percorso della totalità di quest’anno – nel 2017 erano 12 milioni – ma saranno almeno il doppio quelle che si riverseranno in quella stretta fascia.

Anche la durata sarà più favorevole: varierà dai 4 minuti e 28 secondi, in un’area a circa 25 minuti a nord-ovest di Torreón, in Messico, fino ai 3 minuti e 21 secondi al confine tra Usa e Canada. Nel 2017, per dire, la durata massima fu di 2 minuti e 42 secondi, nell’Illinois. Totalità a parte, il fenomeno potrà essere ammirato almeno parzialmente dal 99% dei cittadini degli Stati Uniti.

Perché l’eclissi totale è una buona occasione per studiare il Sole

Ogni 11 anni circa, il campo magnetico del Sole si inverte, il Polo Nord magnetico diventa Polo Sud e viceversa, dando vita ad un ciclo, dapprima di aumento e poi di diminuzione dell'”attività solare”. Ciò significa che durante il “minimo solare”, si verificano meno eruzioni giganti sulla superficie del Sole, come i brillamenti solari e le espulsioni di massa coronale. Ma durante il massimo solare, il Sole diventa più attivo. Nel 2017, il Sole si stava avvicinando al minimo solare. Gli spettatori dell’eclissi totale potevano ovviamente vedere la “corona” (la parte più esterna dell’atmosfera del Sole, visibile solo durante un eclissi o attraverso appositi apparecchi chiamati coronografi che bloccano la luce centrale del Sole), la quale però, poiché il Sole era calmo, mostrava flussi che fluivano nell’atmosfera solare più esterna limitati solo alle regioni equatoriali della stella.
Durante l’eclissi del 2024 invece, il Sole sarà prossimo al massimo solare, quando il campo magnetico sarà più simile a una palla di lana aggrovigliata. E per questo emissioni filanti saranno probabilmente visibili in tutta la corona. In aggiunta a ciò, gli spettatori avranno maggiori possibilità di vedere le protuberanze, che appaiono come riccioli o anelli rosa luminosi che escono dalla stella. E durante l’eclisse potrebbe esserci anche la possibilità di vedere un’espulsione di massa coronale, ossia una grande eruzione di materiale solare.

In questa foto scatta il 21 agosto 2017 si può osservare la corona circolare che “spunta” attorno alla sagoma della Luna, durante l’eclissi di Sole.
© Nasa

L’eclissi è un’opportunità scientifica per tutti, dalla Nasa agli astronomi amatoriali

Data la coincidenza di tanti elementi di interesse scientifico la NASA non si è lasciata sfuggire l’occasione per cogliere qualche particolare in più circa la nostra stella e ha finanziato diverse iniziative di studio. I progetti, guidati da ricercatori di diverse istituzioni accademiche, studieranno il Sole e la sua influenza sulla Terra con una varietà di strumenti, tra cui telecamere a bordo di aerei di ricerca ad alta quota, strumenti per lo studio di onde radio e altro ancora. Oltre a questi progetti, alcuni strumenti saranno lanciati su tre razzi sonda che potranno cogliere alcuni aspetti del fenomeno a quote molto elevate.

Ce n’è per tutti. Tra i progetti della NASA ve ne sono anche alcuni di citizen science, ossia proposte di ricerca scientifica a cui possono partecipare semplici cittadini, astronomi amatoriali. Tra questi, ad esempio, vi è una richiesta di monitoraggio delle macchie solari per studiare il campo magnetico del Sole o il cronometraggio dei momenti precisi dell’inizio e della fine dell’eclissi per perfezionare i modelli di previsione e calcolare le ricorrenze nei prossimi anni. Per questi appassionati non si richiedono particolari strumenti se non semplici smartphone o fotocamere digitali dotate di filtri solari.
Un progetto prevede l’uso della app SunSketcher, con cui gli “scienziati cittadini” possono aiutare a misurare l’esatta forma e dimensione del Sole fotografando i grani di Baily (Baily’s Beads), particolari effetti ottici luminosi naturali osservabili solo per pochi istanti in prossimità del bordo lunare. Un altro esempio di partecipazione di massa è il progetto Eclipse Megamovie, il quale invita a utilizzare una fotocamera per registrare la dinamica della corona solare durante l’eclissi totale e scoprire così il comportamento dei getti e dei pennacchi solari, dalla loro nascita fino a quando si spostano nel vento solare.

E per noi? Potremo seguire la diretta web dell’eclissi sul sito della Nasa

Per chi non sarà negli Stati Uniti o su altre aree dove l’eclissi sarà osservabile, sarà possibile comunque seguire il grande evento attraverso i tanti siti che hanno programmato di inseguire l’ombra del Sole durante il suo tragitto. Primo tra tutti il sito della NASA che raccoglierà dati, immagini e racconti lungo tutto il percorso e a un certo punto si collegherà anche con la Stazione Spaziale Internazionale nel momento in cui incrocerà il buio dell’eclissi. La trasmissione inizierà alle 19:00 ora italiana.

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Eclissi totale di Sole, le foto più belle

La nana bruna con le aurore misteriose

Un gruppo di astronomi, attraverso le osservazioni del telescopio spaziale James Webb della NASA, ha scoperto una nana bruna (W1935, un oggetto più massiccio di Giove, ma più piccolo di una stella, dove non si verificano reazioni nucleari all’interno) che produce una emissione (rilevata all’infrarosso, di metano). Che c’è di strano? È una scoperta abbastanza inaspettata perché si tratta di una nana bruna fredda, che non ruota attorno ad una stella ospite: pertanto non c’è una fonte “evidente” di energia per la sua atmosfera superiore, condizione che dovrebbe essere necessaria per giustificare l’emissione del metano. Gli astronomi pensano che ciò possa essere dovuto a processi che generano aurore.

Questi risultati sono stati presentati al 243esimo incontro dell’American Astronomical Society a New Orleans. Per meglio capire il mistero dell’emissione nell’infrarosso del metano, il gruppo di lavoro ha preso in considerazione il nostro sistema solare. Dove l’emissione di metano, infatti, non è un fatto così raro nei giganti gassosi come Giove e Saturno: in questi pianeti si ha la certezza che il riscaldamento dell’atmosfera superiore, che alimenta questa emissione, è legato alle aurore. Sulla Terra, le aurore polari si formano quando particelle energetiche “soffiate” nello spazio dal Sole vengono catturate dal campo magnetico terrestre.
Anche da “noi”. Cadendo nella nostra atmosfera lungo le linee del campo magnetico vicino ai poli della Terra, queste si scontrano con le molecole di gas, creando i meravigliosi drappi di luce danzanti. Giove e Saturno hanno processi aurorali simili che implicano l’interazione con il vento solare, ma ricevono anche contributi aurorali di particelle dalle loro lune attive vicine come Io (per Giove) ed Encelado (per Saturno).

Per le nane brune isolate, come è W1935, non esiste un vento stellare che possa contribuire al processo aurorale e spiegare la presenza nell’alta atmosfera dell’energia extra necessaria per l’emissione di metano, è questo crea un mezzo mistero. Al momento gli astronomi ipotizzano che processi interni non ancora individuati o interazioni esterne con il plasma interstellare o ancora, con una luna attiva vicina, possano aiutare a spiegare l’emissione. 

Come è avvenuta la scoperta. La scoperta delle aurore si è svolta come un romanzo poliziesco. Un team guidato da Jackie Faherty, un astronomo dell’American Museum of Natural History di New York, ha ottenuto la facoltà di utilizzare il telescopio Webb per indagare su 12 nane brune fredde. Tra questi c’erano W1935 e W2220 che, secondo i dati del telescopio James Webb, sembravano quasi essere uno il clone dell’altro dal punto di vista della composizione.

E coincidevano anche i dati relativi a luminosità, temperature e caratteristiche spettrali (vedi grafico sopra).
Unica eccezione, sorprendente, era che W1935 mostrava emissioni di metano, un fenomeno non registrato su W2220. Ciò è stato osservato a una distinta lunghezza d’onda dell’infrarosso alla quale Webb è particolarmente sensibile. «Ci aspettavamo di vedere metano perché tale elemento è presente ovunque su queste nane brune. Ma invece di assorbire la luce, abbiamo visto esattamente l’opposto: il metano brillava. Il mio primo pensiero è stato: che diamine? Perché l’emissione di metano esce da questo oggetto?», ha spiegato Faherty.
W1935 è il primo candidato aurorale al di fuori del sistema solare con la firma dell’emissione di metano. È anche il candidato aurorale più freddo al di fuori del nostro sistema solare, con una temperatura effettiva di circa 200 gradi Celsius.

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