Il protocollo di Montreal funziona (ancora)

I livelli di idroclorofluorocarburi (HCFC) in atmosfera hanno raggiunto un picco nel 2021, cinque anni prima di quanto previsto dai modelli, e sono ora finalmente in calo: è un’ottima notizia, perché questi gas refrigeranti sono in parte responsabili del buco dell’ozono. A evidenziare un calo nelle loro concentrazioni è uno studio pubblicato su Nature Climate Change.

Un accordo storico. L’ozono presente nell’ozonosfera, una fascia della stratosfera tra i 15 e i 50 km di altezza, trattiene e assorbe parte delle radiazioni solari dirette, specialmente quelle ultraviolette, che potrebbero avere un effetto dannoso sulla salute umana. In seguito all’erosione lenta e globale di questo strato filtrante e protettivo di gas dai primi anni ’80 in poi, con il Protocollo di Montreal, un trattato internazionale firmato nel 1987, si decise per il bando progressivo dei clorofluorocarburi (CFC), composti chimici composti da carbonio, cloro e fluoro usati negli impianti refrigeranti, di condizionamento, nelle schiume isolanti e nelle bombolette spray.

Sostituti temporanei. La produzione globale di CFC è cessata nel 2010. Oggi, al loro posto sono usati gas come il propano, che anche se infiammabile non contribuisce al buco dell’ozono. Tuttavia, per alcuni prodotti industriali come certe schiume isolanti impiegate nei frigoriferi e negli edifici, è servito più tempo per trovare un’alternativa, e nel frattempo è stata impiegata un’altra classe di gas meno pericolosa dei CFC per l’ozono, ma comunque dannosa: gli idroclorofluorocarburi (HCFC).

Due volte dannosi. Anch’essi contengono cloro, l’elemento chimico presente nei CFC che causa la distruzione dell’ozono. Gli HCFC hanno un minore “potere erosivo” rispetto ai composti usati in precedenza, ma sono allo stesso tempo potentissimi gas serra: il più usato, l’HCFC-22, ha un potere di trattenere calore pari a 1910 volte quello della CO2, anche se dura soltanto 12 anni in atmosfera, contro i diversi secoli della CO2.

Un nuovo traguardo. Nello studio, un team guidato da Luke Western, statistico esperto di problemi della scienza atmosferica dell’Università di Bristol (UK), ha analizzato i livelli di HCFC in atmosfera usando i dati dell’Advanced Global Atmospheric Gases Experiment (AGAGE: un network di stazioni per il monitoraggio atmosferico) e della National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA), e appurato che i livelli di queste sostanze sono in calo dal 2021.

Si tratta di un successo ambientale storico, e della dimostrazione che anche gli emendamenti successivi introdotti nel Protocollo di Montreal per bandire progressivamente gli HCFC e passare ad alternative non pericolose per l’ozono hanno funzionato. La produzione globale di queste sostanze dovrebbe cessare del tutto per il 2040.

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