Kamala Harris, da procuratrice indagava gli inquinatori. Che farà per l’ambiente se sarà presidente?

Nel caso approdasse alla Casa Bianca, quanto sarà green la presidenza di Kamala Harris, ora in corsa per la nomination democratica? La risposta dipende, naturalmente, dal termine di paragone che si sceglie. Se si fa il confronto con Donald Trump, che durante i suoi 4 anni di Amministrazione condusse gli Usa fuori dall’Accordo di Parigi e che ora lascia intendere di voler addirittura smantellare la National Oceanic and Atmospheric Administration, descrivendola come “uno dei principali motori del degli allarmi sui cambiamenti climatici”, beh l’attuale vicepresidente rischia di apparire un sorta di Greta Thunberg con qualche anno in più.

Editoriale Cop28, il petrolio ha gli anni contati di Riccardo Luna 13 Dicembre 2023

Tuttavia, il vero modello con cui misurarsi è proprio l’Amministrazione Biden, di cui Kamal Harris è la numero due, da molti osservatori definita

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Ordinanza 21 maggio 2021 Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-Cov-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro.

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E se Kamala Harris non fosse eletta?

Joe Biden alla fine si è ritirato, arrendendosi alle pressioni dei finanziatori e dei rappresentanti del suo stesso partito, ma anche a quelle dell’opinione pubblica, sempre più dubbiosa sulle sue capacità di governare gli Stati Uniti arrivato ormai a 81 anni di età. Quasi in contemporanea con l’annuncio delle “dimissioni” è arrivato il suo sostegno alla candidatura dell’attuale vicepresidente, Kamala Harris. Harris ha poi confermato di voler sfidare Donald Trump, appena nominato candidato del partito Repubblicano, nella corsa alla Casa Bianca.

Ma il percorso potrebbe non essere così lineare. La decisione di Biden è giunta inaspettata, dopo giorni di isolamento nel Delaware da dove assicurava di voler riprendere la campagna elettorale una volta guarito dal Covid. La sostituta più plausibile è subito apparsa la vicepresidente, che però non sembra avere riscosso entusiasmo a cominciare proprio dai compagni di partito: Barack Obama e Nancy Pelosi, ex speaker della Camera e membro molto influente tra i dem, non hanno menzionato in alcun modo Harris nei loro comunicati di sostegno e ringraziamento per Joe Biden. Si sono invece espressi in suo favore Bill e Hillary Clinton e Alexandria Ocasio-Cortez.

Il candidato democratico verrà ufficialmente eletto durante la convention di Chicago a metà agosto: Kamala Harris ha poco meno di un mese per raccogliere il consenso necessario. Cosa accadrebbe quindi se non fosse eletta come rappresentante del partito democratico nella corsa per la presidenza?

Come funzionano le primarie?

Le primarie negli Stati Uniti iniziano già a gennaio e durano diversi mesi, consentendo ai cittadini di scegliere il candidato del proprio partito per le elezioni presidenziali. Nella maggior parte degli Stati, il sistema è simile a quello italiano: gli elettori votano per il candidato che preferiscono e lo possono fare sia di persona sia per posta.
Il partito Democratico segue sempre il sistema proporzionale. Di conseguenza, in base ai voti che ciascun candidato riceve durante le primarie, vengono assegnati un certo numero di delegati che poi eleggeranno ufficialmente il prescelto durante la convention. Il partito Repubblicano ha invece sistemi di conteggio diverso da Stato a Stato.

E poi ci sono i “caucus”.

Cosa sono i caucus?

I cosiddetti “caucus” sono un sistema elettorale complesso che prevede l’organizzazione di piccoli dibattiti in ciascuno dei collegi elettorali di quello Stato. Devono tenersi contemporaneamente e offrono la possibilità di effettuare brevi comizi in sostegno del proprio candidato. Alla fine della riunione, si procede al voto.
Nove Stati ricorrono a questa procedura, ma solo in tre (Iowa, Idaho e Wyoming) è stata adottata da entrambi i partiti.

Per il resto, viene riservato allo schieramento repubblicano.

Quando si tengono le convention dei partiti?

La convention del partito Repubblicano si è appena conclusa: il 18 luglio scorso è stato eletto a Milwaukee Donald Trump, che sfiderà il candidato democratico. Quest’ultimo riceverà l’investitura a Chicago, tra il 19 e il 22 agosto. Di norma, i delegati votano per il candidato che ha ricevuto il maggior numero di preferenze durante le primarie e il suo nome è quindi noto ben prima della convention. Joe Biden, ad esempio, aveva ottenuto 3.896 voti su un totale di 3.934. Ora, però, non è più in corsa.

Cosa succede se un candidato si ritira?

Quando un candidato si ritira, i delegati sono liberi dalla responsabilità di attenersi alle preferenze espresse dai cittadini. Possono quindi sostenere il candidato sostituto nominato da quello uscente, in questo caso Kamala Harris, oppure un altro. Questo significa che eventuali sfidanti hanno meno di un mese per raccogliere 300 firme di sostegno da parte dei delegati e convincere i votanti a scegliere loro.

Come funziona la convention?

Le convention di entrambi i partiti durano quattro giorni e devono terminare con l’elezione del proprio candidato alla presidenza. È l’appuntamento più atteso della campagna elettorale per vari motivi. Prima di tutto perché è una delle poche occasioni in cui il partito incontra direttamente i propri elettori, poi perché viene presentato il programma e si approfitta per rivedere alcune norme interne. Inoltre, sono previsti gli interventi di personalità di spicco dei vari schieramenti, per esempio Barack Obama per i dem o James David Vance per i repubblicani, candidato vicepresidente per Trump.
E soprattutto si vota. Oltre ai delegati dei vari Stati, partecipano anche i cosiddetti “super delegati”, che non sono vincolati a nessun candidato e non hanno elettori da rappresentare. Possono quindi scegliere in autonomia il candidato che preferiscono.

Cosa si intende per brokered convention?

Di solito, il candidato di ciascun partito è chiaro fin dai risultati delle primarie nei diversi Stati. Ma vi sono casi in cui non emerge una vera propria maggioranza assoluta oppure, come quest’anno per il partito Democratico, in cui la situazione potrebbe rivelarsi più incerta del previsto. È un caso piuttosto raro, ma può accadere che le votazioni alla convention si concludano con una parità per i candidati. A quel punto si parla di “brokered convention”, cioè convention mediata, e si procede a nuovi turni di votazione fino a quando non emerge un solo nome. Dal secondo giro in poi tutti i delegati sono liberi di scegliere con maggiore autonomia la persona da eleggere, senza dover più rispettare le preferenze dei cittadini.

Quando si vota per il presidente degli Stati Uniti?

Le elezioni del presidente si tengono sempre il martedì successivo al primo lunedì di novembre, perciò quest’anno sarà il 5 novembre 2024. Ma non è l’unico giorno in cui si vota. È infatti possibile esercitare il proprio diritto anche per corrispondenza e iniziare durante i giorni precedenti all’Election Day. Sono i cosiddetti early voters (elettori anticipati).

Quanti candidati si presentano alle elezioni?

Sicuramente a ogni elezione per il presidente degli Stati Uniti, che si ripetono ogni quattro anni, si presentano i due candidati dei partiti principali, Repubblicano e Democratico. Ma non solo. Possono concorrere anche i candidati che rientrano nei partiti minori, raggruppati nel Third Party (il terzo partito), oppure candidati indipendenti, a patto che abbiano raccolto uno certo numero di firme attraverso petizioni presentate in ogni Stato. Durante l’ultima tornata elettorale, gli indipendenti furono ben 36.

Come funzionano le elezioni per il presidente degli Stati Uniti?

Le elezioni per il presidente degli Stati Uniti sono indirette. Significa che i cittadini non possono eleggere direttamente il presidente, ma un Grande elettore da cui si farà rappresentare all’Assemblea che nominerà ufficialmente il nuovo inquilino della Casa Bianca.
In totale, i Grandi elettori sono 538. Questo numero è dato dai 435 deputati che siedono alla Camera, sommati ai 100 senatori e a tre elettori in più assegnati al district of Columbia, di cui fa parte anche la capitale Washington. A parte questa eccezione, ciascuno Stato ottiene un certo numero di Grandi elettori in base alla sua popolazione. Per fare un esempio, la California che ha più di 39 milioni di abitanti ha diritto a 55 elettori, mentre Montana o North Dakota ne ricevono tre, perché insieme hanno poco meno di due milioni di abitanti. A conti fatti, per essere eletti servono 270 voti da parte dei Grandi elettori.

Ma non è finita qui. Nella maggior parte degli stati si segue il sistema maggioritario, quindi il partito che ottiene la maggioranza in California otterrà tutti e 55 i grandi elettori associati. Per questo motivo, non sempre le preferenze in numeri assoluti corrispondono a chi effettivamente vince le elezioni, com’era accaduto nel 2016 nella sfida tra Donald Trump e Hillary Clinton.

Quando viene eletto ufficialmente il presidente degli Stati Uniti?

L’elezione ufficiale del presidente degli Stati Uniti si tiene il primo lunedì successivo al secondo mercoledì di dicembre. Quest’anno è fissata per il 16 dicembre 2024. I Grandi elettori si riuniscono e di norma votano per il candidato indicato dal proprio partito, anche se, a eccezione di qualche Stato, non hanno un reale vincolo.
Il Congresso poi si riunisce in seduta congiunta, presieduta dal vicepresidente in carica, e procede al conteggio dei voti.

Nel raro caso in cui non emerga una maggioranza, la Camera dei rappresentanti dovrà assumere le funzioni di organo elettore. Di solito però il nome del futuro presidente degli Stati Uniti è quello che emerge durante l’Election Day, o nei giorni successivi, quando i voti per corrispondenza sono stati numerosi e necessitano di più tempo per essere scrutinati.

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10 cose che (forse) non sai sulle elezioni Usa

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