Riscopriamo l’esame di maturità

Il grande inestimabile valore dell’esame di maturità tra rito iniziatico, dimensione fantastica e qualità della scuola. Per il futuro riscopriamone spirito ed essenza.

Pier Paolo Pasolini (1922-1975)

Una memorabile provocazione

Nel 1975 Pier Paolo Pasolini pubblicò sul Corriere della Sera un provocatorio articolo dal titolo “Aboliamo la TV e la scuola d’obbligo”. Per quanto riguarda la scuola d’obbligo la motivazione era la seguente: “La scuola d’obbligo è una scuola di iniziazione alla qualità di vita piccolo borghese: vi si insegnano delle cose inutili, stupide, false, moralistiche, anche nei casi migliori: […] tutto un imbroglio.”

In realtà l’intellettuale non voleva davvero la soppressione della scuola d’obbligo, ma ne auspicava un autentico rinnovamento pedagogico nel segno di un rinnovato dinamismo del sapere:

“Inoltre una nozione è dinamica solo se include la propria espansione e approfondimento: imparare un po’ di storia ha senso solo se si proietta nel futuro la possibilità di una reale cultura storica. Altrimenti, le nozioni marciscono: nascono morte, non avendo futuro […]”

La televisione a sua volta veniva accusata di avere inaugurato la deleteria era dell’ἡδονή:

“Era in cui dei giovani insieme presuntuosi e frustrati a causa della stupidità e insieme dell’irraggiungibilità dei modelli proposti loro dalla scuola e dalla televisione, tendono inarrestabilmente ad essere o aggressivi fino alla delinquenza o passivi fino alla infelicità (che non è una colpa minore).”

Intervenne nella questione Alberto Moravia, che manifestò interesse per le due proposte, purché fossero dovute “non già a estremismo paradossale ma a riflessione costruttiva”. E Pier Paolo Pasolini ebbe a precisare che le aveva formulate non con intenzioni ultimative, ma “in attesa di tempi migliori”. Non è il caso di soffermarsi qui sulla complessità delle argomentazioni con cui i due intellettuali si confrontarono in maniera anche risentita.

È bene però mettere in risalto un aspetto ancora attuale della loro polemica:

la condivisione del senso di un rapporto quanto mai stretto fra scuola e società, mentre l’influsso della televisione sul mondo giovanile si configurava come antitetico alla funzione educativa che la scuola  avrebbe dovuto svolgere. Orbene, oggi il nesso scuola-società, non limitatamente alla scuola d’obbligo, fatta forse eccezione per la scuola elementare, si rivela ad un’ispezione attenta come una frattura scomposta. Ne potrebbe risentire l’esame conclusivo di ogni corso di studio secondario superiore, denominato ufficialmente Esame di Stato. Di qui l’urgente necessità di ripensare l’esame che in forma ufficiale veniva detto una volta di maturità secondo la denominazione ad esso data da Giovanni Gentile e che resta di maturità nell’uso comune. Di maturità, perché nel sostenerlo e nel superarlo ci si accinge ad essere accolti nel mondo degli adulti, mondo in cui purtroppo non mancano tanti immaturi benché siano stati promossi in sede d’esame.

L’esame come rito iniziatico

I riti di iniziazione sono campo privilegiato della ricerca antropologica. Nell’Enciclopedia Treccani online viene messo in rilievo che tali riti riguardano il conseguimento della “maturità sociale” e per lo più comportano per gli iniziati ansia ed emozione fra nostalgia del passato e slancio verso il futuro, come si desume, ad esempio, da questo passo diaristico della studente Rossella Cutaia nell’articolo Le mie sei ore tra libertà e nostalgia  riportato sul quotidiano La stampa del 23.06.2022:

“Finalmente possiamo osservare i nostri volti e riconoscerci negli ultimi momenti di quei cinque anni insieme, completamente assorti ed estremamente concentrati, in quella che stava per essere la realizzazione di un altro piccolo passo verso il mondo dei grandi.”

È come nel sogno di Cartesio: “Quod vitae sectabor iter?”

Forse alla studente  l’esame   ritornerà in sogno e forse è stato da lei già sognato. La studente si dice anche “nervosa ma felice”. Generalmente infatti gli  studenti maturandi sentono l’importanza della prova in un modo nello stesso tempo convinto e confuso. Convinto, perché sanno che superato l’esame varcheranno la soglia del mondo adulto. Confuso, perché avvertono l’incertezza in cui versa la società in cui si apprestano a inserirsi. Una società percorsa da spinte disgregatrici, fra le quali la più distruttiva proviene da quanti si adoperano per collocare in cattiva luce la scuola, mettendone in risalto soltanto i difetti, del resto propri di tutto ciò che è perfettibile, e ignorandone i tanti pregi, che ne fanno comunque un’istituzione fondamentale. Il senso dell’esame da affrontare in via propedeutica all’inserimento nella realtà extrascolastica è legato all’esperienza della crescita culturale e umana che si va svolgendo ogni giorno nella scuola. Docenti e studenti in un concreto ambiente relazionale condividono un vissuto esistenziale ed è così che si giunge alla più o meno avvertita trepidazione dell’esaminare e dell’essere esaminati secondo un determinato protocollo. Questo percorso risulta essenziale, perché in esso si va verificando la validità del rapporto fra scuola e vita. Lucio Anneo Seneca in un’epistola a Lucilio deprecava un insegnamento staccato dalla vita con la frase Non vitae, sed scholae discimus (erroneamente citata nella forma Non scholae, sed vitae discimus, che ne capovolge e stravolge il senso).

Una scuola da denunciare e che fa schifo

Non sappiamo quali esperienze scolastiche abbiano vissuto quegli studenti che hanno destato clamore l’uno con denunce articolate e l’altro con un motto su una maglietta indossata. Il primo  ha visto ospitata sul settimanale L’Espresso una sua requisitoria datata 09.05.2022 contro la scuola italiana a ricalco sul J’accuse di Émile Zola. Del secondo, Francesco Intraguglielmo,  è stata pubblicata su Il fatto quotidiano del 25.06.2022 una foto in cui indossa una maglietta dissacrante con la scritta “La scuola italiana fa schifo”. Si potrà anche avere l’impressione che l’uno e l’altro siano stati strumentalizzati e non se ne siano accorti. La requisitoria citata è stata già oggetto di commento su Matmedia. Ora ci toccherebbe commentare quell’asserzione della scuola italiana che farebbe schifo. Veramente ci sono stati già dei commenti favorevoli al ragazzo.  Ricordiamo l’intervento in pari data su Il fatto quotidiano del maestro Alex Corlazzoli, dichiaratosi schifato lui degli adulti che hanno condannato il diciannovenne per essersi presentato all’esame con quella maglietta. Nell’intervento del maestro è infatti notevole un risentito elenco di tutto ciò che nella scuola non va e che  ha suscitato  la clamorosa offensiva verbale studentesca da lui approvata. Ma per un approfondimento della vicenda si può compulsare il sito seguente, che accoglie anche un’intervista al giovane rivoluzionario, paragonato all’attivista svedese ecologista Greta Thunberg per aver fondato su Tik Tok il movimento studentesco “Rivoluzioniamo la scuola”: orizzontescuola.it/la-scuola-italiana-fa-schifo

Noi ci limitiamo a osservare che questa scuola che “fa schifo” è pur sempre la stessa scuola nella quale lo studente contestatore è andato maturando il suo spirito critico, al punto di essere considerato da tanti adulti un maestro di educazione civica, nonostante un certo esibizionismo mischiato peraltro con l’intenzione di richiamare in forma eclatante l’attenzione sui tanti difetti del nostro sistema scolastico, ignorandone però gli aspetti positivi. Se la scuola italiana fa completamente schifo, come si desume dall’apodittico slogan  impresso su quella maglietta diventata ormai famosa, allora l’esame di Stato non avrebbe senso e sarebbe da abolire. Come si spiega invece che in ogni ricorrenza annuale gli organi di informazione mettano in risalto l’importanza delle prove, discutendole con interventi di tanti docenti, studenti, intellettuali? Quel giovane e gli adulti che lo esaltano forse non si rendono conto del rischio ulteriore che fanno correre alla scuola iperbolizzandone le carenze senza evidenziarne le energie.

Il Ministero dell’Istruzione è debole, per non dire latitante.

Corpi estranei come l’Invalsi e la Fondazione Agnelli ne vanno erodendo le fondamenta. C’è il pericolo che al posto dell’esame attuale si introducano i test e addio spirito critico. Allora sì che il nuovo tipo d’esame, che non sarebbe un vero e proprio esame, farebbe schifo. È responsabilità ministeriale migliorare l’esame e impedire che altri enti lo peggiorino. Ed è curioso che fra tante voci levatesi a lodare lo studente dalla maglietta irriverente non se ne sia sentita ancora una, a quanto ne sappiamo, che abbia rimarcato col necessario vigore questa non lieve responsabilità. Vien fatto di chiedersi cosa sarebbe accaduto se la scritta sulla maglietta studentesca fosse stata quest’altra: “Il Ministero dell’Istruzione fa schifo”.

Digressione  sugli usi delle parole schifo e  scuola

Secondo gli etimologi la parola schifo deriva non dal longobardo skif, da cui proviene la denominazione dello schifo come imbarcazione, ma dal francese antico eschif. Un florilegio degli usi letterari di schifo può essere attinto al GDLI in  rete. Caro ai poeti è l’aggettivo schifo nel senso di schivo per ritrosia o sdegno. Invece nei prosatori schifo come aggettivo si riferisce per lo più a persone e cose lerce e ripugnanti.

La prosa leopardiana annovera addirittura il superlativo schifissimo.

Quest’area semantica di schifo in senso aggettivale oggi è divenuta desueta. Schifo ormai è usato comunemente come sostantivo riferito a chi o cosa produca una sensazione repellente dovuta a  nausea, disgusto, ripugnanza, ribrezzo oppure a chi o cosa sia oggetto di giudizio negativo a causa di vere o presunte deficienze. In ambito colloquiale il sostantivo schifo ricorre con estrema frequenza in unione col verbo fare. Come si è detto, lo studente della maglietta nel presentarsi all’esame di Stato si è prefisso di richiamare l’attenzione sulla scuola italiana dichiarando che fa schifo.  Orbene, oltre allo schifo vanno ricordati i significati anche connotativi di scuola, esame, Stato, parole che a questo punto non basta più denotarle. Scuola dal greco σχολή significa, come si legge nell’Enciclopedia Treccani in rete, “libero e piacevole uso delle proprie forze indipendentemente da ogni bisogno o fine pratico determinato, cioè, in genere, esercizio dello spirito, per fini di godimento disinteressato e di cultura, nelle ore non occupate nelle faccende (gli otia dei Latini)”. Risparmieremo qui una storia della scuola dall’antichità ai nostri giorni, per la quale si può cliccare sul seguente link: treccani.it/enciclopedia/scuola

La voce enciclopedica citata contiene anche una trattazione dell’architettura scolastica.

È importante tenerla presente, in modo da cominciare a distinguere le condizioni materiali della scuola istituzionalizzata dall’attività che per brevità diremo spirituale di quanti operano in essa. Con lo slogan “La scuola italiana fa schifo” si corre il rischio di coinvolgere nel giudizio tutte indistintamente le persone che alla scuola si dedicano esercitando σχολή e otium, suscitando nell’opinione pubblica una reazione di rigetto.  Certamente la scuola non è solo divertimento. È anche impegno. Vengono in mente il leopardiano studio “matto e disperatissimo” e lo studio gramsciano studio come “un mestiere, e anche faticoso”. Non si può dire che tutto  ciò faccia schifo.

Digressione  sugli usi delle parole esame, maturità, Stato 

Quanto all’esame, il sostantivo reca in sé l’azione di ponderazione e bilanciamento insita nel latino examen, ossia “ago della bilancia”. L’importanza dell’esame si esplica, come è ovvio,  in tutti i campi della vita quotidiana: medico, giudiziario, scientifico, letterario, burocratico, ispettivo, religioso, eccetera. Per quanto concerne l’esame scolastico, il vocabolario Treccani in rete dà una definizione che riportiamo in parte: “Prova, variamente costituita e condotta, mediante la quale viene accertata: la preparazione conseguita dagli studenti nelle scuole dei diversi tipi e gradi, o privatamente […]”

Nei vari campi l’esame può essere condotto in modo accurato, puntuale, serio, severo, scrupoloso, pertinace, attento,  mentre viene depauperato e reso inutile o dannoso se risulta contrassegnato da trascuratezza, superficialità, faciloneria,  indulgenza, sciatteria, disinvoltura, incuria. Si badi che nello specifico campo scolastico il valore dell’esame è legato indissolubilmente alla qualità della scuola.

Ma che differenza c’è fra esame di maturità ed esame di Stato?

La nozione di Stato in senso moderno è andata evolvendosi a partire da Niccolò Machiavelli fino alla pietra miliare rappresentata  dalla  General Theory of Law and State, più nota in Italia come Teoria generale del Diritto e dello Stato, di  Hans Kelsen. Elementi costitutivi dello Stato sono popolo, sovranità, territorio, nel senso che il popolo esercita la propria sovranità su un dato territorio. Questa accezione di Stato, variamente discussa in dottrina, può essere intesa in senso totalitario o in senso democratico. Nell’ordinamento italiano lo Stato si configura come Repubblica dotata della sua Costituzione.

Di qui l’importanza dell’esame di Stato.

Particolare importanza, che talvolta sembra sfuggire durante la celebrazione di tale rito. Il superamento dell’esame da parte del candidato attesta ufficialmente che il candidato è ormai pronto, disposto, maturo a partecipare alla vita pubblica al pari degli adulti, avendo raggiunto la maggiore età dal punto di vista politico. Si tratta di una maturità democratica. Siamo sul piano di un’educazione civica non come disciplina a sé stante, ma come accoglienza degli esaminandi da parte degli esaminatori in nome della cultura quale fondamento della partecipazione. In tale prospettiva la legge 425/1997, nel  definire all’articolo 1 “Finalità e disciplina degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore”, appare deludente.

La finalità risulta limitata all’accertamento della preparazione nelle discipline in consonanza con la sopra riportata definizione di esame del vocabolario Treccani in rete: “Gli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore hanno come fine l’analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato in relazione agli obiettivi generali e specifici propri di ciascun indirizzo di studi […]”

Così si esprime lo stesso Ministero dell’Istruzione su questa concezione dell’esame:

1997 – Luigi Berlinguer, con la Legge 425 del 10 dicembre 1997,     ha cambiato la denominazione in esame di Stato, attestandosi non     più sul concetto di maturità, ma sulla verifica e certificazione delle conoscenze, competenze e capacità.”

Sembra talvolta che lo stesso Ministero dell’Istruzione non abbia chiaro il più ampio significato di esame.

Forse sarebbe troppo chiedere al legislatore di formulare la norma in modo tale da cogliere l’essenza dell’esame come incontro fra persone. Le persone che s’incontrano per esaminare ed essere esaminate dovrebbero però conferire al dettato legislativo sull’esame un valore sottinteso, quello dell’importanza della cultura per l’inserimento nella società civile,  rispetto al quale l’esame stesso riveste un carattere propedeutico, senza limitarsi a un mero accertamento di conoscenze, competenze e capacità astrattamente considerate.

L’esame di maturità 2022: seconde prove scritte

Matmedia ha mostrato che la prosecuzione e il culmine del processo di apprendimento traggono giovamento per il futuro dal confronto fra scuole, reso possibile in occasione della maturità 2022 dalla delega della scelta delle seconde prove alle Commissioni di esame. La raccolta delle prove di matematica assegnate ha suscitato un diffuso interesse, riscuotendo notevole successo.  Peccato che alcuni Presidenti di Commissione non abbiano consentito di diffondere i testi delle prove, adducendo come motivazione del diniego la mancata menzione di tale possibilità nell’ordinanza ministeriale 65/2022, come se tutto ciò di cui non vi sia traccia in una disposizione fosse vietato. Strana mentalità la loro, dal momento che la mancanza di una proibizione non vieta espressamente. Sarebbe stato interessante se altri siti avessero organizzato per  un confronto anche la raccolta di seconde prove di altri indirizzi.

L’esame di maturità 2022 : prime prove scritte

Quanto alle prime prove, predisposte dal Ministero dell’Istruzione, dobbiamo riconoscere che questa volta le scelte non sono state infelici, anche se c’è stato il rischio di qualche complicanza legata per gli esaminandi  alla complessità delle richieste in rapporto al tempo disponibile e per gli esaminatori a una meticolosa e pletorica griglia di valutazione. Le tipologie: A – Analisi e interpretazione di un testo letterario italiano; B – Analisi e produzione di un testo argomentativo; C – Riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità. Gli argomenti proposti: A – Lirica di Giovanni Pascoli (La via ferrata); novella di Giovanni Verga (Nedda); B – Brano sulle leggi razziali da La sola colpa di essere nati di Gherardo Colombo e Liliana Segre; brano da Musicofilia di Oliver Sacks; brano sul cambiamento climatico da un discorso tenuto da Giorgio Parisi in sede politica; C – Brano sulla pandemia e l’ecologia da Perché una Costituzione della Terra? di Luigi Ferrajoli; brano sul mondo iperconnesso da Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello di Vera Gheno e Bruno Mastroianni. Non si comprende perché siano considerate tematiche di attualità solo quelle della tipologia C e non anche quelle della tipologia B, per non dire poi che tale classificazione rischia di relegare nella sfera dell’inattualità la letteratura in versi e in prosa.

Comunque per ogni personale considerazione e approfondimento  i testi sono consultabili integralmente al seguente link: www.istruzione.it/esame di stato

La stampa quotidiana e i siti dedicati alla scuola hanno dato ampio spazio non solo alle impressioni degli studenti, ma anche alle osservazioni di esponenti del mondo scolastico, accademico, culturale, come del resto accade di anno in anno.

Prova, questa, dell’interesse che l’esame di maturità continua a suscitare in larghi strati della popolazione adulta.

Facciamo nostro però il disappunto di Aldo Trione sul Corriere della Sera del 25.06.2022  per  la scomparsa del tema storico-artistico. A dire il vero, non è soltanto la storia dell’arte ad essere stata trascurata dal Ministero dell’Istruzione da qualche tempo a questa parte: la dimensione storica in generale appare priva ormai della debita considerazione, la qual cosa contribuisce a rafforzare l’impressione che si viva in un eterno presente.

Qualcuno si è chiesto perché non sia stata proposta una traccia sulla guerra scatenata dal dittatore russo contro l’Ucraina: con ogni probabilità il motivo è da ricercare nelle implicazioni e complicazioni di ordine politico che gli svolgimenti avrebbero potuto comportare, anche in considerazione dei confusionari dibattiti in cui si esibiva televisivamente anche chi attribuiva ogni responsabilità all’aggredito e non all’aggressore. Vero è d’altra parte che nella scuola la storia del Novecento risulta spesso trascurata o introdotta senza la necessaria conoscenza del retroterra dell’attualità. Sembra che abbia riscosso successo la visione di Eugenio Montale: “La storia non è magistra – di niente che ci riguardi. Accorgersene non serve – a farla più vera e più giusta”. Ciò a danno del memorabile monito di Ugo Foscolo: “O Italiani, io vi esorto alle storie”. Peraltro la dimensione storica non dovrebbe limitarsi alla storia come disciplina a sé stante: tutte le discipline, sia umanistiche che scientifiche, dovrebbero essere inquadrate storicamente.

 La dimensione fantastica dell’esame

L’esame di maturità deve conservare la sua preziosa caratteristica: introdurre a una nuova realtà attraverso la dimensione del sogno. Lo ha ben messo in evidenza il nostro Giorgio Parisi intervistato da Iacopo Gori per il Corriere della Sera  del 23.06.2022, rispondendo alla domanda: “Che consigli vuole dare?”. Ecco la risposta dell’illustre scienziato:

“Di sfruttare le proprie capacità, di credere nei sogni. È importante non essere timidi nei propri sogni. Se uno pensa che abbiano una probabilità di realizzarsi non deve rinunciarci. La vita è una scommessa in cui la cosa migliore è sfruttare le proprie potenzialità: quello che ciascuno deve fare è capire quali sono. A volte sono nascoste, uno non si rende conto di avercele. C’è chi non realizza i propri sogni per paura di essere deluso. Bisogna cercare di realizzarli senza farne di impossibili.”

L’esame di maturità aiuta senz’altro a scoprire le proprie potenzialità nascoste oltre che a corroborare quelle di cui si è consapevoli: si apportino ad esso tutti gli aggiustamenti ritenuti opportuni o necessari, purché non lo si snaturi riducendolo a mero accertamento nozionistico in ossequio ad aberrazioni docimologiche alla moda, in quanto ciò che importa è la possibilità data allo studente di esprimere la propria personalità oltre che le proprie conoscenze. Pensiamo che a questo punto varrà la pena rileggere alla luce del nostro discorso l’Ordinanza ministeriale sull’esame di Stato relativa all’anno scolastico 2021-2022 di cui al seguente link: ordinanza-ministeriale

Tenendo presente, in ogni caso, che l’esame di maturità non è soltanto l’accertamento di quanto sanno e di ciò che sono i candidati, ma è anche la necessaria cartina al tornasole di quanto abbia dato loro la scuola.

 

 

  • Biagio Scognamiglio (Messina 1943). Allievo di Salvatore Battaglia e Vittorio Russo. Già docente di Latino e Greco e Italiano e Latino nei Licei, poi Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Ha pubblicato fra l’altro L’Ispettore. Problemi di cambiamento e verifica dell’attività educativa.

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Giovanni Modugno: a master of the senses

GIOVANNI MODUGNO: UN “MAESTRO DEL SENSO” PER LA SCUOLA ITALIANA DI OGGI

di CARLO DE NITTI

Alle “voci archetipe” della mia remotissima adolescenza

per sempre nei miei spazitempi mnesici, con infinita gratitudine.

Nascoste ai molti, si palesano,

a chi le cerca con animo puro,

perle, veri tesori delle profondità,

che rivelano le nostre vite,

la nostra intima essenza

di cercatori tra le pagine …

1. PROLOGO

Non mi è possibile iniziare questo intervento senza ringraziare con sentimenti di sincera gratitudine il prof. Vincenzo Robles, illustre cittadino bitontino e studioso di preclara fama, per avermi invitato a partecipare – bontà sua – a questo evento sul pensiero di Giovanni Modugno, pedagogista del ‘900 pugliese, italiano, europeo.

Non è quella che segue una forma di excusatio non petita: non sono un esperto di Giovanni Modugno nel senso accademico della parola, ma ho avuto, da molti anni, con la sua storia di vita, di pensiero, politica, culturale e religiosa una frequentazione che mi affascina. Sì, perché una personalità come quella di Giovanni Modugno non può non sé-durre, a prescindere dalle idee di chi a lui si accosti, purché lo faccia con onestà intellettuale e disinteresse, anche venale. Caratteristiche che egli stesso possedette in modo assoluto e che costituirono la cifra peculiare della sua personalità di uomo, di docente e quindi, di pedagogista.

Tutti gli altri intervenuti a questo evento – certamente molto più competenti di me – hanno lumeggiato o lumeggeranno da par loro al meglio il pensiero del pedagogista: a me, che raccolgo “materiali per chi voglia scrivere di storia” (alla maniera dei Commentari cesariani) piace interrogare la figura di Giovanni Modugno per cogliere – provando a suggere l’essenza del suo pensiero – quanto egli possa dire (rectius: insegnare) a noi persone di scuola del XXI secolo, che operano nelle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado (sebbene, ahimè, io mi trovi nel “pronaos” della quiescenza). Il ri-pensare Giovanni Modugno nella scuola di oggi non può, né deve, essere un mero esercizio di erudizione storiografica, ma un interesse squisitamente teoretico che interroghi il pedagogista, a partire dagli interrogativi del presente che scaturiscono, ovviamente, da bisogni didattici, educativi e pedagogici che urgono alle persone di scuola.

2. I “MAESTRI DEL SENSO”

E’ possibile connotare Giovanni Modugno come un “cercatore di Cristo”, un “apostolo dell’educazione”, un “pellegrino dell’Assoluto”: queste locuzioni possono legittimamente compendiarsi – per utilizzare il lessico della pedagogia di Papa Francesco – nell’espressione “maestro del senso”. Non trovo migliore sintetica definizione se non quella delle parole usate dal Pontefice recentemente a Lisbona, parlando ai giovani dal Pontefice per definirli: . 

E Giovanni Modugno lo è stato, di sicuro, ante litteram, … e lo è ancora oggi, a sessantacinque anni dalla sua scomparsa!

Leggere Giovanni Modugno oggi significa affrontare in modo efficace le urgenze educative del mondo contemporaneo: riformare la scuola, per Modugno, voleva dire formare le coscienze delle degli educandi. Al centro del processo educativo – come sostenevano in quegli anni i pedagogisti dell’attivismo pedagogico – non possono che esserci gli educandi con i loro vissuti, le loro storie interiori, i loro bisogni. Nel processo di educazione, non si può che “ascendere insieme”, per riprendere il titolo di un testo del 1943 dello stesso Modugno, per cambiare se stessi e contestualmente la società in cui si vive. L’unica vera riforma della scuola doveva essere, a parere di Giovanni Modugno, la “riforma interiore”, quella della formazione dei docenti.

La sua vita, la sua ricerca culturale, il suo insegnamentoincarnano l’anelito verso una società più giusta e più libera, nella quale ogni persona, consapevole della sua dignità, possa recuperare e vivere il significato dei valori fondamentali, in primis, la vita e la libertà, senza dei quali non è possibile praticare alcun altro valore. L’attualità del suo messaggio si focalizza prioritariamente intorno alla finalità dell’educazione, riprendendo le istanze più significative della tradizione pedagogica cristiana, arricchita dal dialogo fecondo con autori contemporanei. A partire dalla fine degli anni Venti, intensa fu la relazione di Giovanni Modugno con il gruppo di pedagogisti cattolici che si raccoglieva in quel di Brescia intorno alla casa editrice La Scuola, fondata nel 1904, ed alla rivista Scuola Italiana Moderna, nata nel 1893. Il medesimo milieu cattolico in cui, com’è noto, nacque (nel 1897) e si formò un giovane sacerdote (proclamato santo nel 2018), don Giovanni Battista Montini (il cui padre, l’avvocato Giorgio, era stato tra i fondatori della casa editrice), che alle posizioni di Giovanni Modugno fu certamente vicino, anche attraverso la filosofia della persona di Jacques Maritain (1882 – 1973).  

Nel gruppo di docenti e pedagogisti cattolici bresciani e nelle loro iniziative, di cui fu ispiratore e sodale anche attraverso il suo discepolo e figlioccio Matteo Perrini (1925 – 2007), Giovanni Modugno trovò quella consonanza intellettuale e religiosa che spesso gli mancò in Puglia, una sorta di accogliente “rifugio” ma anche la possibilità di incidere nella scuola militante: basti pensare alla comunanza di interessi e alla sua consonanza intellettuale con Laura Bianchini (1903 – 1983), docente di filosofia bresciana e madre Costituente.  

Anche dopo la seconda guerra mondiale, Giovanni Modugno continuò a collaborare con Scuola Italiana Moderna, la rivista scolastica più diffusa tra i docenti di scuola elementare, ed ispirò anche una filiazione diretta del gruppo bresciano: il “gruppo di maestri sperimentatori” di Pietralba (BZ),  dal nome dalla località dolomitica nella quale il gruppo si riunì per la prima volta nel 1948, cui partecipò anche un altro grande pedagogista pugliese, allora appena venticinquenne, suo allievo all’Istituto Magistrale di Bari: Gaetano Santomauro (1923 – 1976).  

Giovanni Modugno riconosce che la pedagogia è la “scienza della vita”: si preoccupa di affinare una riflessione rigorosa ma anche che manifesti un’efficacia pratica, fondata su principi e valori saldi, applicabili sia alla prassi quotidiana, scolastica e non. Per Modugno, la scienza della vita costituisce la risposta più significativa all’esigenza di riaffermare il primato della moralità, della razionalità e della spiritualità, come qualità peculiari di ogni persona che impara a riconoscerle come espressioni ineludibili della propria dignità e della propria coscienza morale.

Giovanni Modugno ricerca sempre il “perfezionamento interiore” anche nei momenti più drammatici della sua vita personale, come nel 1934, con la precoce morte dell’unica figlia Pina. Evento – collegato con altri lutti familiari (i genitori) – che interroga la coscienza del pedagogista. Quando la figlia si ammala, il progetto del Modugno è di lavorare per ‘cristianizzare la vita’, in lui e attorno a lui. E’ convinto che le disuguaglianze sociali e le miserie non si eliminano soltanto con le leggi e le riforme, ma con l’amore. La vera riforma interiore consiste nel disporsi a comprendere i bisogni di ciascuna persona in difficoltà e nel sentirsi responsabili se manca il necessario per vivere.

I motivi fondamentali che accompagnano la vita di Modugno sono quelli di ‘ascendere insieme’, ‘salire alla sublime vetta’,‘aiutare gli altri a salire’: l’insegnamento gli consente di adempiere a questa sua idea. Nella prospettiva del suo pensiero, la religione costituisce il principale centro d’interesse dell’intero curricolo scolastico, oltre che il contenuto più significativo della scienza della vita. Essa è la guida per cogliere nella vita concreta le relazioni tra le singole azioni ed i principi della ragione e della morale. Con la didattica della ‘provocazione riflessiva’, stimolata dal docente, la pratica del riflettere durante le lezioni li sollecitanella chiarificazione dei criteri direttivi e li pome nelle condizioni di osservare, giungendo a scoprire le istanze più profonde della vita.

3. GIOVANNI MODUGNO VIVANT

Riflettere oggi, nel terzo decennio del XXI secolo, sulla figura, sul pensiero e sulla storia di Giovanni Modugno, “cercatore di Cristo” ed “apostolo dell’educazione” è un atto “rivoluzionario” nella sua essenza, che modifica radicalmente i paradigmi del pensiero corrente, spesso incentrato sui tecnicismi della pedagogia– declinati in tutte le sue branche – e della scuola, piuttosto che sulla persona, quale punto di imputazione ultimo di ogni azione educativa.

Questo è il continuum che attraversa la vita di Giovanni Modugno, anche prima di insegnare, quando, da giovanissimo, iniziò ad impegnarsi nelle vicende della politica della sua città, in solido con lo storico molfettese Gaetano Salvemini (1873 – 1957), cui lo unì un lunghissimo sodalizio intellettuale e politico, nonostante le diverse posizioni, che ha attraversato la storia italiana dai primi anni del XX secolo agli anni ’50 del medesimo.Pressocché coetanei, furono entrambi “figli”, molto diversi tra loro, della medesima temperie culturale, quella positivistica, da cui furono entrambi però sempre alieni, giungendo a posizioni politiche diverse che avevano in comune l’impegno infaticabile e diuturno per il riscatto dei contadini meridionali rispetto ai soprusi dei latifondisti assenteisti, attraverso la conquista del primo e più fondamentale dei diritti, quello all’istruzione.   

Il fulcro dell’attività di Giovanni Modugno – che volle essere sempre “maestro di maestri” – fu sempre l’educazione dei giovani al pensiero critico, lontano da ogni possibile strumentalizzazione da qualunque “luogo” essa provenisse. Egli non fu mai uomo “di parte”, rifiutò sempre per se stesso incarichi, cariche ed onori di ogni tipo, proprio per conservare la sua libertà di pensiero: com’è noto, rifiutò la carica di Provveditore agli studi di Bari, sia nel 1923, quando gli fu proposta da Giuseppe Lombardo-Radice (1879 – 1938) perché temeva che avrebbe dovuto venire a compromessi con il fascismo, sia dopo la seconda guerra mondiale, quando fu invitato a ricoprire la medesima carica da Tommaso Fiore (1884 – 1973), a nome del Comitato di Liberazione Nazionale. Parimenti, non a caso, nel 1929, fu assordante il suo silenzio – in un’Italia osannante – di fronte alla firma dei Patti Lateranensi, che, com’è noto, ponevano fine alla sessantennale “questione romana”.

Questa missione – cui adempì senza deroga alcuna – non gli impedì di mantenere relazioni intellettuali con i più sensibili ed insigni pedagogisti del suo tempo, a cominciare dalla “scoperta” di Friedrich Wilhelm Foerster (1869 – 1966) e Josiah Royce (1855 – 1916). Con ed attraverso di loro, Giovanni Modugno difese la persona umana, la sua dignità e la sua libertà interiore, trovando nel cristianesimo, inteso come “fede nella Resurrezione”, il miglior fondamento per conseguire questo obiettivo. In quest’opera educativa, massima era la sintonia del pedagogista con l’allora Arcivescovo di Bari, Mons. Marcello Mimmi (1882 – 1961), di cui condivideva in toto il metodo pastorale.

La cifra di tutta l’esistenza del pedagogista che si può compendiare nel titolo del volume – pubblicato dieci anni dopo la sua scomparsa, a cura dell’amatissima moglie, Maria Spinelli Modugno – Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno: mediante un’ascesa interiore, mai disgiunta dall’adempimento del dovere della missione educativa, indirizzata alla conquista, da rinnovare continuamente, della libertà, della coscienza critica e della dignità della persona umana. Un’eredità pedagogica e morale da raccogliere e praticare con rinnovata lena anche, se non soprattutto, nelle scuole di ogni ordine e grado. 

Quella ‘coscienza critica’ di cui oggi – dopo oltre sessanta anni dalla sua morte – si avverte uno smisurato bisogno: VINCENZO ROBLES, da storico, con i suoi volumi, ne rende seriamente consapevoli noi tutt*, uomini del XXI secolo, persone di scuola e non.

4. EPILOGO “APERTO”

Più che un epilogo – per quanto aperto – mi piace avanzare una proposta concreta per continuare a riscoprire e valorizzare il pensiero di Giovanni Modugno nel XXI secolo. Mi piace avanzarla qui in un luogo simbolo della sua città natale, alla presenza delle autorità civili e religiose e di tanti illustri esperti.

Come si è diffuso nella scuola barese, pugliese ed italiana, forse melgré lui, il pensiero di Giovanni Modugno? A questa domanda,penso, si possa dare una risposta certa: attraverso i suoi studenti cui è toccato in sorte di averlo avuto come docente, prima a Corato, per sette anni, poi. dal 1920 al collocamento in quiescenza. presso l’Istituto Magistrale “Giordano Bianchi-Dottula” di Bari.

Essi hanno “abitato” ed “innervato” la scuola – segnatamente e prioritariamente quella elementare – barese, pugliese e non solo portando nella loro attività didattica e professionale gli insegnamenti ricevuti. Sarebbe molto interessante – non certo per mera erudizione storiografica – ricercare i loro nomi, la loro provenienza geografica attraverso i registri del prof. Giovanni Modugno, raccolti nell’archivio storico dell’istituto scolastico frequentato.

Consultando quell’archivio, tanto si potrebbe scoprire su Giovanni Modugno e sulla storia della scuola pugliese: potrebbe essere un ottimo argomento per un’efficace e non convenzionale attività di Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento (vulgo PCTO, come negli acronimi di cui è saturo lo ‘scolastichese’, nota neolingua iniziatica), ovvero, anche per tesi di laurea (triennali, magistrali e di PhD) sicuramente molto interessanti e nietzscheanamente “inattuali”.

Del resto, l’influenza del pensiero di Giovanni Modugno,attraverso i suoi studenti del “Bianchi–Dottula”, ha anche travalicato anche i confini della scuola e della pedagogia: basti ricordare anche soltanto il nome di uno di loro, divenuto un Maestro del Diritto dell’Università degli studi di Bari (e tantissimo altro…), il prof. Renato Dell’Andro (1922 – 1990).

Ma questa sarebbe un’altra storia, che mi ricondurrebbe alla mia ormai remotissima adolescenza… 

5. BIBLIOGRAFIA

• AA.VV., Maestri del senso: competenze e passione per una scuola migliore, a cura di DE NITTI, CARLO e LAVERMICOCCA, CARLO, Bari 2023, Ecumenica editrice, di prossima pubblicazione;

• CAPORALE, VITTORIANO, Educazione e politica in Giovanni Modugno, Bari 1988, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Un pedagogista del Sud, Bari 1995, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, Giovanni Modugno. Pedagogia Scienza della Vita, Bari, 1997, Cacucci; 

• CAPORALE, VITTORIANO, La proposta pedagogica di Giovanni Modugno, Bari, 2004, Cacucci;                                                                                                              

• CAPORALE, VITTORIANO, Pedagogia e vita di Giovanni Modugno, Bari 2006, Cacucci;

• CAPURSO, GIOVANNI, Due Maestri per il Sud: Gaetano Salvemini e Giovanni Modugno, Corato, 2022, SECOP;

• MICUNCO, GIUSEPPE, La buona battaglia. Santità e laicità in Giovanni Modugno, Bari, 2013, Stilo editrice;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno. Il volto umano del Vangelo, Bari, 2020, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO, Giovanni Modugno e il suo “rifugio”bresciano, Bari, 2022, Edizioni Dal Sud;

• ROBLES, VINCENZO – AUFIERO, ARMANDO, Giovanni Modugno: il volto umano del Vangelo in AA.VV., Op. cit.;

• SANTOMAURO, GAETANO, Giovanni Modugno attraverso gli inediti, «La Rassegna pugliese», 1969, 4-5, pp. 3 – 22;

• SARACINO, DOMENICO, Giovanni Modugno. Politica, cultura e spiritualità in un cercatore di Cristo, Bari 2006, Stilo editrice; 

• SPINELLI MODUGNO, MARIA, Giovanni Modugno. Io cerco l’Eterno, Bari 1967, Editoriale Universitaria.

Et si parva licet …

• DE NITTI, CARLO, La missione educativa di Giovanni Modugno e la sua attualità nel XXI secolo. Nota a margine di una recente biografia del pedagogista bitontino, ”Educazione & Scuola”, XXVI, marzo 2021, 1123;

• DE NITTI, CARLO, In difesa del Sud: storia dell’amicizia di due Maestri tra Molfetta e Bitonto, ”Educazione & Scuola”, XXVII, settembre 2022, 1141; 

• DE NITTI, CARLO, Giovanni Modugno: un “cercatore di Cristo”, apostolo dell’educazione, in VINCENZO ROBLES, Giovanni Modugno e il suo “rifugio” bresciano, Bari 2023, Edizioni Dal Sud, pp. 9 – 12.

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