Un asteroide sta per “avvicinarci”. Rischi? Zero

Nella notte (ora italiana) tra 1 e 2 febbraio un asteroide enorme, grande come uno stadio di calcio, chiamato 2008 OS7, passerà vicino alla Terra in tutta sicurezza. Si tratta del suo passaggio più ravvicinato al nostro pianeta da un secolo a questa parte e per diversi secoli in futuro.

Secondo il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA, l’asteroide misura circa 271 metri di diametro e passerà a una distanza di sicurezza di circa 2,85 milioni di chilometri dalla Terra, ovvero oltre sette volte la distanza orbitale della Luna.

A causa della sua orbita fortemente ellittica attorno al Sole, la distanza tra 2008 OS7 e la Terra varia di molto ogni volta che l’asteroide si avvicina al nostro pianeta: nel 2008, poco dopo la sua scoperta, ci sorvolò a circa 90 milioni di chilometri di distanza, oltre 30 volte più lontano rispetto al prossimo passaggio.

Si stima che durante il suo passaggio l’asteroide viaggerà a una velocità di circa 66.000 km/h. Per confrontare le sue dimensioni con altri asteroidi tenete conto che 2008 OS7 è circa la metà di Bennu, visitato e campionato dalla NASA, e almeno 70 volte più piccolo del cratere di Vredefort, il più grande impatto meteoritico conosciuto sulla Terra.

Nonostante non rappresenti una minaccia di impatto, l’asteroide è classificato come “potenzialmente pericoloso” a causa delle sue dimensioni e della relativa vicinanza alla Terra.

Gli scienziati hanno osservato direttamente l’asteroide sorvolare la Terra solo due volte prima, ma, attraverso una serie di simulazioni, la Nasa ha calcolato la sua traiettoria a partire dal 1900 e fino al 2198: in questa finestra non ci sono passaggi dell’asteroide 2008 OS7 più ravvicinati di quello previsto per il 2 febbraio.

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La mitologia nell’Universo: Plutone, pianeta nano

Una storia un po’ triste fra mitologia e astronomia. La strana metamorfosi: Ades o Plutone da signore dell’Oltretomba a pianeta nano.
Gian Lorenzo Bernini, il ratto di Proserpina, Roma
Quella che state per leggere è la storia un po’ triste, fra mitologia e astronomia, di Ades o Plutone, che, dopo essere stato per secoli considerato il dio dell’inferno, viene relegato in soffitta per oltre un millennio e mezzo. Nel 1930 ritorna in ballo come nono pianeta del sistema solare; ma dopo 76 anni viene riclassificato e inserito fra i pianeti nani, dove ritrova (ahimè!) l’irata suocera Dèmetra o Cèrere.
La mitologia.
Ades (“invisibile” o “che rende invisibile”), figlio di Cròno e Rèa, fratello di Zèus, signore degli dei e degli uomini, e di Posèidone, signore del mare, scuotitore della terra, è il dio dell’inferno e regna sulle ombre dei morti con la moglie Persèfone o Còre, che egli rapì alla madre Dèmetra, chiamata dai Romani Cèrere, anch’ella figlia di Cròno e di Rèa e dea dell’agricoltura, onorata nei misteri eleusini.
Vale la pena di approfondire un po’ la storia del ratto di Persèfone, chiamata dai Romani Prosèrpina e il cui padre era Zèus. La madre errò sulla terra nove giorni per cercarla, e finalmente, irata, fece sì che il terreno divenisse sterile. Zèus, per placarla, ottenne da Ades che Persèfone trascorresse i quattro mesi dell’inverno agli Inferi col marito e gli altri otto con la madre.
Anticamente si credeva che Ades stesso salisse sulla terra a prendere le anime dei defunti, ma in seguito questo ufficio fu attribuito ad Ermes, figlio di Zèus e di Màia, messaggero degli dei, chiamato perciò “psykhopompòs” (“che conduce o accompagna le anime dei morti”).
Ades, divinità truce e terribile, nel V sec. a.C., nei misteri eleusini fu venerato anche col nome di Plutone (“ricco” o “dispensatore di ricchezza”) e considerato una divinità benefica che manda dalla profondità della terra prosperità e ricchezza.
Con l’avvento del cristianesimo, Ades o Plutone andò ad ammuffire in soffitta, come tutti gli dei dell’Olimpo. Neppure Dante, che nell’”Inferno” rispolverò Caronte e Cerbero, lo degnò della benché minima considerazione.
Gian Lorenzo Bernini, il ratto di Proserpina, particolare
L’astronomia.
Nel 1915 l’astronomo americano Percival Lowell (1855-1916), studiando le perturbazioni residue di Urano non giustificate completamente dalla sola presenza di Nettuno, intuì la presenza di un nuovo pianeta, del quale calcolò l’orbita senza tuttavia trovarlo nel cielo. Alla stessa conclusione giunse in seguito anche William Henry Pickering (1858-1938). Il pianeta fu scoperto per una fortunata combinazione il 18 febbraio 1930 da Clyde Tombough, in una posizione assai prossima a quella prevista. Al nuovo corpo celeste venne dato il nome di Plutone perché il suo simbolo PL ricorda le iniziali di Percival Lowell.
Plutone diventa così il nono pianeta del sistema solare, distante in media dal Sole 5,906 miliardi di km, con perielio a 4,437 e afelio a 7,376 miliardi di km; al suo perielio si trova perciò più vicino all’astro centrale di quanto non lo sia Nettuno. Compie la sua rivoluzione in 247,9 anni “siderei” (cioè riferiti alle stelle fisse), alla velocità media di 4,669 km/s su un’orbita ellittica di eccentricità e = 0,2448, maggiore di quella di tutti gli altri pianeti, con inclinazione media sul piano dell’”eclittica” (la traiettoria descritta apparentemente dal Sole sulla sfera celeste) di 17,13826°.
La massa di Plutone è lo 0,22% di quella terrestre e meno del 18% di quella lunare, ma è anche minore di quella di altri sei satelliti del sistema solare: Ganimede [Giove], Titano [Saturno], Callisto, Io, Europa [Giove], Tritone [Nettuno].
Il suo diametro medio è di 2376,6 km, ovvero circa il 68% di quello della Luna.
La superficie è composta per oltre il 98% di ghiaccio d’azoto, monossido di carbonio e tracce di metano. La temperatura superficiale si aggira tra i 40 e i 50 K. Qui di seguito sono riportati tutti i dati relativi a Plutone:

Semiasse maggiore                         5.906.380.000 Km = 39,4817 UA
Periodo orbitale                               247,9 anni
Velocità orbitale media                  4,669 Km/s
Eccentricità                                      0,2448
Inclinazione sull’eclittica               17,13826°
Temperatura superficiale media  45 K (-228,2 °C)
Periodo di rotazione                        6g 9h 17min 36 s
Diametro medio                               2376,6 km
Massa (Terra = 1)                            0,00218
Densità media                                 2,5 ⋅
Gravità superficiale (Terra = 1)   0,063
Satelliti naturali                              5.

Plutone possiede 5 satelliti naturali conosciuti, il più massiccio e importante dei quali è certamente Caronte.
Scoperto il 22 giugno 1978 e avente un raggio poco più della metà di quello di Plutone, è l’unico dei satelliti in equilibrio idrostatico e dalla forma sferica. Sono noti anche 4 satelliti minori: Notte e Idra, scoperti nel maggio 2005; Cerbero, scoperto nel luglio 2011 e Stige, scoperto nel luglio 2012.
Caronte possiede dimensioni non molto inferiori a Plutone; alcuni preferiscono quindi parlare di un sistema binario, giacché i due corpi orbitano attorno a un comune centro di gravità situato all’esterno di Plutone. Nell’Assemblea Generale UAI (Unione Astronomica Internazionale) dell’agosto del 2006 venne presa in considerazione la proposta di riclassificare Plutone e Caronte come un “pianeta doppio”, ma la proposta fu poi abbandonata.
Caronte ruota su se stesso con un movimento sincrono in 6,39 giorni, presentando sempre la stessa faccia a Plutone, come la Luna con la Terra.
Tuttavia, a differenza della Terra, il blocco mareale vale anche per Plutone che rivolge quindi anch’esso il medesimo emisfero a Caronte, unico caso nel sistema solare dove anche il corpo principale è in rotazione sincrona col suo maggior satellite; da qualsiasi posizione della superficie di ciascuno dei due corpi, l’altro rimane fisso nel cielo oppure perennemente invisibile.
Idra è il satellite più esterno del sistema e sembra essere il maggiore dei 4 nuovi satelliti. Stige è la più piccola luna del sistema plutoniano, avendo un diametro compreso tra i 10 e i 25 km.
Da Plutone, il Sole appare puntiforme, anche se ancora molto luminoso, da 150 a 450 volte più luminoso della Luna piena vista dalla Terra (la variabilità è dovuta al fatto che l’orbita di Plutone è altamente eccentrica).
Caronte visto dalla superficie di Plutone ha un diametro angolare di circa 3,8°, quasi otto volte il diametro angolare della Luna vista dalla Terra. Appare come un oggetto molto grande nel cielo notturno, ma risplende circa 13 volte meno della Luna, a causa della poca luce che riceve dal Sole.
Pianeta nano.
Dopo la scoperta di Plutone, nel 1930, gli astronomi avevano stabilito che il sistema solare contenesse nove pianeti e migliaia di altri corpi dalle dimensioni significativamente minori, asteroidi e comete. Per quasi 50 anni, Plutone è stato ritenuto più grande di Mercurio, ma la scoperta nel 1978 della sua luna Caronte permise di misurarne la massa con precisione, ottenendo per essa un valore molto più piccolo delle stime iniziali: il valore misurato corrispondeva a circa un ventesimo della massa di Mercurio, rendendo Plutone di gran lunga il pianeta più piccolo. Sebbene fosse ancora 14 volte più massiccio di Cerere, l’oggetto più grande presente nella fascia principale degli asteroidi, anche dal confronto con la Luna Plutone appariva ridimensionato, raggiungendone meno del 18% della massa. Inoltre, possedendo alcune caratteristiche inusuali quali un’elevata eccentricità orbitale e un’elevata inclinazione orbitale, divenne evidente che si trattava di un corpo differente da ogni altro pianeta.
Fra il 2002 e il 2005 furono scoperti 8 oggetti che condividevano le caratteristiche chiave di Plutone.
Il termine “pianeta nano” è stato introdotto ufficialmente nella nomenclatura astronomica il 24 agosto 2006 da un’assemblea dell’UAI, fra molte discussioni e polemiche. Nella risoluzione si legge:
“[…]  La UAI quindi decide che i pianeti [dal greco “plànētes” = errante] e gli altri oggetti nel nostro sistema solare, eccetto i satelliti, siano classificati in tre categorie distinte nel modo seguente:

un “pianeta” è un corpo celeste che

è in orbita intorno al Sole;
ha una massa sufficiente affinché la sua gravità possa vincere le forze di corpo rigido, cosicché assume una forma di equilibrio idrostatico (quasi sferica);
ha ripulito le vicinanze intorno alla sua orbita;

un “pianeta nano” è un corpo celeste che:

è in orbita intorno al Sole;
ha una massa sufficiente affinché la sua gravità possa vincere le forze di corpo rigido, cosicché assume una forma di equilibrio idrostatico (quasi sferica);
non ha ripulito le vicinanze intorno alla sua orbita;
non è un satellite.

tutti gli altri oggetti, eccetto i satelliti, che orbitano intorno al Sole devono essere considerati in maniera collettiva come “piccoli corpi del sistema solare”.

Nonostante il nome, un pianeta nano non è necessariamente più piccolo di un pianeta. In teoria non vi è limite alle dimensioni dei pianeti nani. Si osservi inoltre che la classe dei pianeti è distinta da quella dei pianeti nani, e non comprende quest’ultima.
L’UAI riconosce cinque pianeti nani: Cerere, Plutone, Haumea, Makemake ed Eris.
Cerere era il più grande degli asteroidi, ha un diametro medio di appena 955 km e fu il primo di questi pianetini ad essere scoperto nel 1801 da Giuseppe Piazzi (1746 – 1826), direttore dell’Osservatorio di Palermo. Carl Friedrich Gauss (1777 – 1855) calcolò la sua orbita con il metodo dei minimi quadrati.
Haumea è stata scoperta nel 2004 e Makemake nel 2005.
Eris, scoperta nel 2005, ha un diametro medio di 2326 km ed una massa 1,28 volte quella di Plutone; è il pianeta nano più distante dal Sole, avendo un semiasse maggiore di 68,071 UA. Deve il suo nome ad Èris, sorella di Ares, chiamata dai Romani Discòrdia, che accompagna il fratello nelle battaglie e personifica la discordia.
I seguenti oggetti del sistema solare potrebbero essere classificati, in base alla definizione, come pianeti nani, sebbene l’UAI si riservi di decidere in futuro se includerli o meno nella lista ufficiale. Fra parentesi è data per ciascuno la data di scoperta:
Gonggong (2007), Quaoar (2002), Sedna (2003), Orco (2004), 2002 (2002) e Salacia (2004).
L’elenco dei 6 candidati pianeti nani è stato fatto in base al diametro medio decrescente: dai 1290 Km di Gonggong ai 921 km di Salacia. Il più vicino al Sole è Orco (39,173 UA; periodo orbitale 247,492 anni); il più distante Sedna (524,400 UA; periodo orbitale 12059,06 anni).
Epilogo (non troppo serio).
Il nostro amico Plutone siede da solo ad un piccolo tavolo nel piccolo “Bar del pianeta nano”, dove ambrosia e nettare sono sconosciuti e i camerieri, quando lui entra nel locale, fanno i debiti scongiuri.
Pensa con rimpianto ai bei tempi in cui regnava sulle ombre di gente come Patroclo, Ettore, Achille, Priamo, Agamennone, Cassandra, Leonida e i suoi 300 compagni, Alessandro Magno.
Pensa pure a quando, dopo un lunghissimo letargo, era diventato per soli 76 anni il nono pianeta del sistema solare. Ora è solo un pianeta nano e in che compagnia si ritrova!
Per prima sua suocera Cerere, che lo ha sempre odiato; poi c’è quell’attaccabrighe di Èris, impegnata a seminar zizzania e sempre smaniosa di menare le mani (ed anche un po’ più grossa di lui). C’è poi quella coppia di sconosciuti dagli strani nomi, Haumea e Makemake, che se ne stanno sempre per i fatti loro e non danno confidenza a nessuno.
Plutone pensa, pensa e una lacrima scende sulle barbute guance dell’antico dio. Certo, è proprio caduto in basso: solo un ripensamento di quella dannata UAI potrebbe un giorno farlo tornare un pianeta “normale”, magari “doppio” in coppia col vecchio amico Caronte.
“Méllonta taúta?” [è l’equivalente in greco di “Ça ira?”]: non lo so, ma mi farebbe veramente piacere se accadesse.

Domenico Bruno (Catania 1941). Laureato in Fisica. Già Docente di Matematica e Fisica nei Licei. Dal 1983 Dirigente Superiore per i Servizi Ispettivi del Ministero dell’Istruzione.

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Scoperta la provenienza della “quasi Luna”

In “prossimità” della Terra, in termini astronomici, c’è un insolito oggetto roccioso che non è un asteroide fuggitivo dalla fascia degli asteroidi del Sistema Solare (lo si capisce dal tipo di orbita) e dunque da molto tempo ci si è chiesti cosa fosse e da dove provenisse. Ora sembra esserci una risposta: si tratta di un pezzo della Luna scagliato nello spazio da un impatto che il nostro satellite ha subìto. A questa risposta è giunto un gruppo di ricercatori che è riuscito a creare un modello del tipo di impatto lunare che avrebbe potuto espellere un tale frammento di Luna e depositarlo su un’orbita stabile e vicina. La ricerca ha permesso anche di trovare qual è il cratere dal quale è partito l’oggetto, si tratta di uno dei più noti e giovani tra i crateri lunari: Giordano Bruno. Lo studio è riportato su Nature Astronomy. 

“Il modo con il quale è stato creato il modello sono solide e ben consolidate”, afferma il geofisico Ronald Ballouz della Johns Hopkins University. “E’ in grado infatti, di dimostrare che i materiali espulsi da un cratere delle dimensioni del Giordano Bruno possono sopravvivere per un periodo di tempo sufficientemente lungo in una zona co-orbitale attorno alla Terra”. Per capire questa affermazione va detto che lo strano asteroide, noto come 469219 Kamo’oalewa, è stato scoperto nel 2016 da Pan-STARRS, un sistema di telescopi alle Hawaii progettato per identificare rocce spaziali potenzialmente minacciose per la Terra.

Kamo’oalewa misura tra i 40 e i 100 metri di diametro e ruota su se stesso una volta ogni 28 minuti. Segue un’orbita ellittica attorno al Sole e si muove in sincronia con la Terra, dando l’impressione di orbitare attorno al nostro Pianeta anche se è al di fuori della sua influenza gravitazionale. La curiosa orbita e le dimensioni ridotte di Kamo’oalewa, lo hanno portato a essere scelto come primo obiettivo per la missione cinese Tianwen-2 che partirà nel 2025, la quale ha come scopo quello di portare a Terra dei campioni dell’asteroide.

La complessità delle simulazioni. L’interesse per Kamo’oalewa è nato soprattutto a partire dal 2021, quando gli studi del Large Binocular Telescope Observatory, in Arizona, hanno suggerito per la prima volta che la sua composizione somiglia più a una roccia lunare che a un tipico asteroide, in quanto lo spettro della luce riflessa da Kamo’oalewa ha rivelato silicati molto simili ai campioni lunari. Lo studio di Bin Cheng planetologo dell’Università di Tsinghua, e di un gruppo di colleghi internazionali, hanno dapprima modellato quale tipo di impatto avrebbe potuto espellere una massa di quelle dimensioni alla velocità di fuga della Luna.

Quindi hanno calcolato che l’espulsione di un frammento di almeno 36 metri di diametro avrebbe richiesto l’impatto con la Luna di un asteroide di dimensioni comprese tra 0,8 e 1,4 chilometri, una collisione che avrebbe lasciato dietro sé un cratere largo da 10 a 20 chilometri. 

Perché Giordano Bruno. La Luna è punteggiata da decine di migliaia di crateri più grandi di 10 chilometri, ma i ricercatori hanno anche pensato che la collisione dovesse essere relativamente recente e il cratere risultante particolarmente giovane. Gli asteroidi nell’affollato spazio vicino alla Terra, infatti, in genere non durano molto a lungo prima di collidere, essere inghiottiti o espulsi dal Sistema Solare. La durata media della vita è di 10 milioni di anni e tali considerazioni hanno ridotto i crateri candidati a poche dozzine. Il team si è quindi concentrato su Giordano Bruno, largo 22 chilometri, formatosi dall’impatto di un asteroide largo 1,7 chilometri e di gran lunga il cratere più giovane. Infatti, giacendo appena oltre il lembo della Luna sul suo lato nascosto, questo cratere lunare deve essere giovane perché da esso si irradiano ancora lunghi “raggi” di colore chiaro -, la firma dei detriti dell’esplosione che vengono coperti in tempi relativamente brevi da impatti più piccoli.

Le stime collocano l’età del cratere Giordano Bruno tra 1 milione e 10 milioni di anni. Nel 1976, la missione russa Luna 24, un lander robotico sovietico, riportò sulla Terra campioni che si pensava contenessero detriti della formazione di Giordano Bruno. Il team di Cheng ha notato somiglianze spettrali tra i campioni di Luna 24 e Kamo’oalewa. Le osservazioni dei lati e del bordo del cratere mostrano anche che vi è una notevole quantità di pirosseno, un minerale rilevato anche su Kamo’oalewa. Il gruppo di planetologi, infine, ha stimato che la collisione che ha formato il cratere espulse fino a 400 frammenti delle dimensioni di Kamo’oalewa. Modellando le loro traiettorie nel corso di milioni di anni, i ricercatori hanno scoperto che una piccola frazione di essi sarebbe sopravvissuta in orbite vicine alla Terra.
 
Tre oggetti simili Kamo’oalewa. Ma, se l’impatto di Giordano Bruno fosse più vicino a 1 milione di anni fa che a 10 milioni, potrebbero esserci fino a tre oggetti simili a Kamo’oalewa ancora in orbita vicino alla Terra e ancora da scoprire. Se i ricercatori avessero ragione, e Tianwen-2 riportasse parte dell’asteroide sulla Terra, sarebbe la prima volta che gli scienziati potrebbero studiare un pezzo di materiale espulso dalla Luna: il materiale che costituisce Kamo’oalewa, potrebbe provenire da diversi chilometri sotto la superficie, rendendolo l’unico campione relativamente recente proveniente dall’interno lunare.

 

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