La meteora del 2014 non era aliena
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L’8 gennaio 2014 una meteora entrò nell’atmosfera terrestre, bruciando così intensamente e a una velocità tale da indurre alcuni scienziati a pensare di avere a che fare con qualcosa di alieno. A sostenere questa teoria fu il fisico Avi Loeb, dell’Università di Harvard, che organizzò un team di ricerca in Papua Nuova Guinea per recuperare in mare dei frammenti ritenuti “portatori” di tecnologia extraterrestre. Oggi, 10 anni dopo, lo scienziato è stata smentito da uno studio presentato il 12 marzo 2024 nell’ambito della Lunar and Planetary Science Conference di Houston da un team della John Hopkins University di Baltimora, Maryland (Usa): quella meteora inabissatasi nel Pacifico non proveniva da un altro mondo.
La tesi aliena. Dieci 10 anni fa, un sismografo situato sull’isola di Manus, tra le più settentrionali dell’arcipelago oceanico, registrò, nel momento dell’arrivo della meteora, un rumore tanto profondo e rapido da essere ritenuto compatibile con quello prodotto da un oggetto interstellare. Si trattava del terzo oggetto conosciuto proveniente dall’esterno del sistema solare, nonché del primo in grado di colpire il nostro Pianeta. In effetti, nel 2022 il comando spaziale statunitense confermò l’esistenza di tale oggetto (chiamato CNEOS 2014-01-08 o Interstellar Meteor 1. Loeb), dopo aver prelevato dal mare alcune sferule contenenti elementi specifici di “un’origine tecnologica extraterrestre”.
La contro-tesi. Diversi studi, però, tra cui le recenti indagini della Hopkins University, di Baltimora, hanno nel frattempo smentito tutte queste affermazioni. I primi indizi che minavano la veridicità del lavoro svolto da Loeb & soci sono arrivati da uno studio di due astronomi pubblicato nell’agosto 2023 dall’American Astronomical Journal dove si sottolineava che la velocità dell’oggetto misterioso fosse stata sovrastimata e pertanto non poteva provenire da un altro mondo. Contemporaneamente, il Governo della Papua Nuova Guinea ha anche accusato di “furto” il team di Harvard per aver sottratto – senza permesso – dei campioni territoriali ed averli analizzati.
Rombi di motore e sferule inquinate. A questo punto si inserisce il lavoro del team della John Hopkins University di Baltimora, che smonta la tesi dello schianto della meteora dopo aver analizzato le registrazioni del sismologo. Dallo studio approfondito della traccia sismica è infatti emerso che la stessa si ripeteva più o meno uguale svariate volte e in numerosi giorni, suggerendo che il rilevamento avesse tutte le caratteristiche del passaggio di un camion sulla vicina strada. Inoltre, è stato stimato che il luogo più probabile per l’ammaraggio del meteorite fosse a circa 160 km da dove erano avvenuti i prelievi attuati dalla spedizione oceanografica.
A confermarlo è giunta infine l’analisi di un altro ricercatore che aveva ha evidenziato come la composizione anomala delle “sferule” fosse in realtà coerente con l’inquinamento prodotto dall’uomo. Altro che da una “scienza” aliena.
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Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana…
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