Energia oscura: quello che credevamo di sapere…
Una nuova mappa 3D dell’Universo, la più completa mai realizzata con oltre 6 milioni di galassie, sembrerebbe sollevare la possibilità che l’energia oscura, una forma ipotetica di energia che potrebbe giustificare l’espansione accelerata del cosmo, non sia costante nel tempo come ipotizzato finora.
La mappa è stata costruita sui dati raccolti dallo strumento DESI (Dark Energy Spectroscopic Instrument) in Arizona, al centro di una collaborazione internazionale che ha appena intrapreso il progetto quinquennale di mappare posizione e velocità di 40 milioni di galassie diffuse in 11 miliardi di anni di tempo cosmico. Quello che vedete nella foto in apertura è uno scorcio della mappa iniziale, basata sul primo anno di lavoro e comprendente 6 milioni di galassie.
Una crepa nelle nostre (poche) certezze. «Finora stiamo vedendo un accordo di base con il nostro migliore modello dell’universo, ma stiamo anche notando alcune differenze potenzialmente interessanti che potrebbero indicare che l’energia oscura si sta evolvendo con il tempo», ha affermato Michael Levi, direttore del DESI, in una conferenza stampa.
Usando questa mappa, gli scienziati del progetto, coordinato dal Lawrence Berkeley National Laboratory (California), sono riusciti a determinare con la massima accuratezza finora la velocità di espansione dell’Universo in diversi momenti della sua storia. Arrivando da un lato, a confermare che l’espansione dell’Universo sta accelerando, dall’altro a raccogliere indizi del fatto che l’energia oscura, il misterioso acceleratore del cosmo che governa questo processo, potrebbe non essere costante, come ipotizzato finora, e invece variare nel tempo.
Che cos’è e come funziona DESI. Per ora quella avanzata in diversi articoli in pre-pubblicazione, che devono ancora essere rivisti in peer-review, non è un’evidenza scientifica ma un semplice “indizio”, un suggerimento che aiuterebbe meglio a interpretare i dati emersi dalla mappa. Il progetto DESI è stato studiato proprio per testare la costanza dell’energia oscura (che sembra costituire circa il 68% dell’Universo) misurando la velocità di espansione dell’Universo in diversi momenti del passato. Per riuscirci, sono stati installati circa 5.000 occhi robotici in fibra ottica sul Kitt Peak National Observatory in Arizona.
Come spiegato sul sito di Media Inaf, questi componenti servono a «puntare automaticamente insiemi di galassie prestabiliti, raccogliere la loro luce e farne lo spettro, ossia dividerla in strette bande di colore al fine di misurare con precisione la distanza dalla Terra di questi oggetti celesti e riuscire a stabilire di quanto l’Universo si è espanso mentre la luce ha viaggiato verso il nostro Pianeta».
Prendere le misure. Per misurare la distanze delle galassie sono state usate le oscillazioni acustiche barioniche, periodici raggruppamenti di materia che hanno avuto origine quando le onde di pressione acustica attraversarono l’Universo primordiale e che hanno lasciato un segno nel fondo cosmico a microonde. Queste oscillazioni sono rilevabili su una scala di intervalli di circa 500 milioni di anni luce e costituiscono uno strumento per misurare la storia dell’espansione dell’Universo. Gli autori dello studio le hanno sfruttate per calibrare la distanza delle diverse galassie nella mappa, arrivando a capire quanto velocemente l’Universo si sia espanso negli ultimi 11 miliardi (l’Universo ha avuto origine 13,8 miliardi di anni fa).
Un anticipo di futuro. Mettendo insieme i dati, è emerso un indizio del fatto che le proprietà dell’energia oscura potrebbero non corrispondere a una semplice costante cosmologica, ma avere alcune deviazioni: se fosse vero – e i prossimi studi potenzieranno o confuteranno questa ipotesi – allora il futuro dell’Universo potrebbe non essere così scontato come sarebbe se la sua espansione dovesse continuare all’infinito.
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