Arachidi: meglio abituarsi da piccoli?

Introdurre alimenti a base di arachidi per i primi cinque anni di vita dei bambini riduce l’occorrenza di reazioni allergiche alle noccioline del 71% nel corso dell’adolescenza. A dirlo è uno studio co-finanziato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) statunitense e pubblicato sulla rivista medica NEJM Evidence. L’effetto protettivo permane anche se dopo questi primi cinque anni di esposizione i bambini cessano di mangiare arachidi per lunghi periodi, o non ne consumano abitualmente.

Un’allergia invalidante. Quella alle arachidi è una delle allergie alimentari più temute, soprattutto negli USA, dove questi cibi sono molto diffusi e fungono da ingredienti di base per molte preparazioni (in Italia il consumo di arachidi è più saltuario e l’allergia interessa solo l’1% della popolazione). La reazione allergica a questo alimento può essere molto violenta e includere disturbi alla pelle, alle mucose orali o alle vie respiratorie, problemi gastrointestinali o anche shock anafilattico.

Dallo svezzamento all’adolescenza. I nuovi risultati arrivano da una serie di trial clinici noti come LEAP-Trio (LEAP sta per Learning Early About Peanut Allergy), coordinati e sponsorizzati dal NIAID statunitense. Nel primo trial, metà di circa 600 bambini dai 4 agli 11 mesi di età, già a rischio di allergia alle arachidi perché con allergia alle uova, eczema o altre manifestazioni infiammatorie della pelle, hanno assunto regolarmente fino ai 5 anni di vita almeno 6 grammi di proteine derivanti dalle arachidi nelle loro diete alla settimana. L’altra metà ha evitato tassativamente qualunque alimento contenesse noccioline americane. L’introduzione preococe delle arachidi ha ridotto il rischio di allergia alle stesse a 5 anni dell’81%.

Pausa ininfluente. Una continuazione dello studio, chiamata LEAP-On, ha chiesto a una parte dei bambini che avevano consumato arachidi nella prima infanzia di cessarne del tutto i consumi dai 5 anni e fino ai 6 anni, dimostrando che – nella maggior parte dei casi – la protezione dalle reazioni allergiche alle noccioline è continuata comunque, anche dopo questo anno di astensione.

Teenager protetti. Infine, dopo aver esonerato dallo studio i ragazzi che a 6 anni di età manifestavano reazioni allergiche alle arachidi, il team ha coinvolto l’80% circa dei ragazzi dello studio LEAP originario nel trial LEAP-Trio, che indagava gli effetti di questo approccio in adolescenza. E così si è visto che il consumo regolare e precoce di arachidi riduceva il rischio di reazioni allergiche ad esse in adolescenza del 71%. L’effetto protettivo rimaneva anche nei soggetti che non avessero per lungo tempo consumato questo tipo di alimenti o i loro derivati.

Meglio da piccoli. La ricerca suggerisce che un’introduzione controllata, aderente alle linee guida, alle arachidi nella prima infanzia possa allenare il sistema immunitario a tollerare gli allergeni di questo alimento, disinnescando future reazioni più aggressive. Gli approcci terapeutici che cercano di esporre gradualmente alle arachidi persone in cui l’allergia sia già palese e manifesta sono invece più controversi, perché conducono più di frequente all’anafilassi.

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Perché siamo allergici agli animali domestici?

Maledetta allergia. Soprattutto quando la primavera non c’entra. Qui parliamo, infatti, di quella allergia che dura sempre perché dipende dagli animali domestici: gatti, cani, conigli, ma anche cavalli o uccellini. Ma che cosa accade quando si scatena un’allergia? Che il nostro organismo attiva i propri anticorpi riconoscendo come nemiche una serie di proteine innocue. In pratica, un’allergia è una reazione avversa controllata dal sistema immunitario che… ci fa starnutire.

allergie: perché? Un’allergia – a un polline, a un farmaco, a una puntura d’insetto – è dunque un errore onesto del nostro sistema immunitario, che vede una minaccia dove c’è invece una molecola innocua. Il termine è stato coniato nel 1906 dal pediatra austriaco Clemens Von Pirquet, ma è solo alla fine degli anni ’60 che abbiamo scoperto con chi dobbiamo prendercela: gli studi hanno indicato nelle IgE (immunoglobuline E) le responsabili delle reazioni allergiche. Le IgE sono un tipo di anticorpi del sistema immunitario dei mammiferi, che non si trovano negli altri animali: sono un’esclusiva nostra e sono il motivo per cui abbiamo le allergie. 

Quando scatta la risposta del sistema immunitario. «Gli anticorpi IgE sono utilizzati per combattere certi parassiti, per esempio gli Schistosoma, che un tempo erano molto diffusi e oggi sono praticamente spariti in molte parti del mondo», dice Fiocchi. Le IgE però sono rimaste, e sono estremamente sensibili a una serie di proteine perfettamente innocue. Le IgE sono molecole che si legano alla superficie di alcune cellule del sistema immunitario: quando sulle IgE “arriva” un antigene (una molecola estranea, che il nostro corpo riconosce come pericolosa), scatta la risposta immunitaria. Le allergie, come aggiunge Fiocchi, sono quindi «funzionalmente tutte la stessa cosa: una reazione errata a qualcosa di innocuo, che sia un gatto o un polline. 

cani, roditori e cavalli. «Le specie domestiche che causano più problemi sono il cane, il gatto, i piccoli roditori e il cavallo. Possiamo anche aggiungere un’allergia che è tipicamente professionale, quella ai bovini», spiega Fiocchi. «Tutti questi animali hanno in comune una proteina che si chiama sieroalbumina, e che si trova primariamente nel sangue, ma può finire anche nella pelle morta, nella saliva e nel sudore». La sieroalbumina è la proteina più abbondante nel sangue dei mammiferi ed è la causa di una lunga serie di allergie di ogni tipo: l’allergia alla carne bovina, per esempio, che colpisce un bambino su trecento e provoca nausea, gonfiore delle labbra, orticaria e dolori addominali, è causata dalla sieroalbumina bovina.

Appartengono alla famiglia delle albumine, per esempio, l’allergene Fel d 2 (da Felis domesticus) del gatto, che si trova nelle “scaglie” di pelle, nell’urina e nel siero, il Can f 3 (da Canis familiaris) del cane che si trova in saliva, scaglie di pelle, siero, oppure Equ c 3 (da Equus caballus) del cavallo.

Ci sono però altre proteine che contribuiscono alle reazioni allergiche (per esempio della famiglia delle lipocaline): si trovano in derivati epidermici, urina, saliva. Vari allergeni dei gatti sono presenti appunto nella saliva, e vista l’abitudine felina di leccarsi in continuazione, le proteine incriminate sono distribuite sulla pelliccia, dove rimangono attaccate: a quel punto, possono venire raccolte dall’umano in una sessione di carezze o trasportate in giro dai peli persi o dalle scaglie di cute morta che si staccano dal corpo dell’animale. «L’allergia al cane, al gatto ma anche al cavallo e ai roditori, quindi, non è un’allergia al pelo. È un’allergia trasportata sul pelo, ma che ha origine altrove», precisa Fiocchi. Quando gli allergeni sono inalati o finiscono sugli occhi, per esempio, scatta la reazione. Ed ecco starnuti, occhi arrossati, prurito, naso chiuso.

Attenti al gattino. «Il principale allergene del gatto si chiama Fel d 1. Si trova nella saliva e nel sebo, e quindi è facile che l’animale la sparga leccadosi», spiega Chiara Noli, Specialista Europea in dermatologia veterinaria. «La producono solo i gatti ed è una piccola glicoproteina, rilasciata poi nell’ambiente tramite le squame cutanee e i peli. Si può anche attaccare ai vestiti e venire trasportata in giro: ne sono state trovate alte concentrazioni anche nelle aule scolastiche, dove ovviamente non ci sono gatti, ma bambini con gatti che si portano gli allergeni da casa». Gli allergeni possono arrivare anche dove i gatti non hanno messo zampa. «Mi è capitato di curare una paziente che è stata colpita all’improvviso e senza spiegazione apparente da asma allergica», racconta Fiocchi. «Alla fine abbiamo scoperto che sua figlia aveva adottato a sua insaputa un gattino: lo teneva chiuso in camera, ma ovviamente portava in giro per casa il materiale allergenico». 

uccellini e rettili. Come detto, la Fel d 1 è un’esclusiva felina, ma anche cane, cavallo e roditori hanno i loro allergeni specifici, che si vanno a sommare al rischio di allergeni più generici come le sieroalbumine. Ma potremmo essere allergici anche ad altri mammiferi che non avevamo mai preso in considerazione.

Il boom di animali domestici “nuovi” ha già portato a galla un’ondata di allergie inaspettate: ai furetti, per esempio. O ai conigli. E poi ci sono gli uccelli: nel 2019, secondo il Censis, le case italiane ne ospitavano quasi 13 milioni. I volatili possono essere una fonte di allergia, causata dalle proteine contenute nella pelle morta e nelle feci. Persino con i rettili, decisamente non morbidi e pelosi, potremmo avere problemi. Esiste più di uno studio che ha dimostrato reazioni allergiche IgE-mediate al morso dell’iguana e alla semplice vicinanza: un test di rea­zione cutanea fatto su un uomo che aveva manifestato sintomi di rinite allergica ha mostrato che il paziente reagiva a un estratto di squame della sua iguana domestica.

Leoni, volpi e renne. Ma potremmo essere allergici a un leone, a un cervo o a qualche altro animale selvatico? Forse vi sorprenderà, ma le risposte ci sono. Ci sono per esempio casi confermati, tra gli allevatori di Svezia, Finlandia e Norvegia, di allergia alle renne (vi risparmiamo le battute su Babbo Natale). Negli Stati Uniti e in Canada ci sono diversi esempi di cacciatori che si sono scoperti allergici a cervi o alci. Abbiamo meno certezze relativamente ai predatori, per ovvie ragioni, ma dai test in laboratorio sono emerse alcune notizie. In uno studio finlandese del 1997 si legge che l’urina e la pelle morta degli animali da pelliccia più diffusi – volpe, visone, cane procione e puzzola – possono causare reazioni allergiche IgE-mediate (lo studio riguardava i lavoratori degli allevamenti). Uno studio del 1990 dell’Università di Amsterdam ha invece dimostrato che una variante di Fel d 1 dei gatti è presente in altri sette felini: ocelot, puma, serval, tigre siberiana, leone, giaguaro e leopardo delle nevi (ma non nel caracal, che pure era stato controllato). I ricercatori hanno visto che reagisce con gli anticorpi IgE, nei pazienti allergici ai mici.

Anche gli animali domestici soffrono di allergie. Se può consolarvi, il problema dell’allergia a cani, gatti e altri animali domestici non è solo nostro. «Sono una dermatologa veterinaria e l’80% del mio lavoro con cani e gatti ha a che fare con le allergie», spiega Noli. «Proprio come nelle persone, si stima che anche tra gli animali il 20-30% degli esemplari siano allergici. Nella maggior parte dei casi, l’allergia si presenta sotto forma di dermatite atopica, una condizione che favorisce l’insorgere di infezioni batteriche, e che si manifesta sotto forma di prurito».

 E quali sono gli allergeni che causano la dermatite atopica? Gli stessi che creano problemi a noi. «Più frequentemente i gatti e i cani sono allergici agli acari della polvere (v. sotto), ma ci possono anche essere animali allergici all’epitelio degli uccelli o dei cavalli, cani allergici ai gatti e persino gatti allergici… ai gatti». Ci sono pure cani e gatti allergici alla pelle morta lasciata in giro dai loro padroni. Anche noi umani diamo allergie, insomma…

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