Nel Mar dei Caraibi nasce un museo subacqueo per proteggere i coralli

Nel Mar dei Caraibi nasce un museo subacqueo per proteggere i coralli – la Repubblica

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La stella marina che sopporta il caldo

Le barriere coralline di tutto il mondo sono a rischio sparizione a causa dei cambiamenti climatici. Sappiamo questa cosa ormai da anni, e sappiamo anche quali siano le principali cause di mortalità dei coralli: al primo posto c’è il bleaching o sbiancamento (del quale su questo sito parliamo da anni), al secondo l’effetto devastante dei cicloni. E al terzo c’è… una stella marina, la stella corona di spine (Acanthaster planci): lo rivela uno studio pubblicato su Global Change Biology che spiega come questa stella sia particolarmente resistente all’aumento delle temperature, e abbia un ciclo vitale che è perfetto per causare distruzione su larga scala nelle barriere coralline.
 

Alghe e coralli. Quando è adulta, la stella corona di spine si nutre esclusivamente di coralli, divorandone le parti vive e lasciandosi alle spalle solo i loro scheletri mineralizzati. Quando è giovane, invece, la sua dieta è più varia, e soprattutto erbivora: il suo cibo preferito sono le piccole alghe che crescono sui coralli morti. Dovreste già intravedere dove sta il problema: facendo scorpacciata di coralli, gli adulti di stella corona di spine creano l’ambiente perfetto per la loro progenie, che a sua volta può attendere anche cinque o sei anni prima di crescere, nutrendosi nel frattempo delle alghe lasciate dai loro genitori.
 

Non temono il caldo. Ma c’è un’altra caratteristica, verificata in laboratorio dal team della School of Life and Environmental Sciences di Sydney che ha pubblicato lo studio: gli esemplari giovani hanno un’altissima tolleranza al caldo. Ed è qui che il problema si amplifica.

Il loop della distruzione. L’aumento della temperatura dell’acqua, infatti, è uno dei trigger che causano lo sbiancamento dei coralli: basta una crescita di 1-3 °C rispetto alle temperature medie estive per stressare la barriera fino a ucciderla. I coralli morti per sbiancamento, però, non sono diversi da quelli divorati dalla stella corona di spine: sono scheletri inorganici che vengono presto invasi dalle alghe. In queste condizioni, le larve di corona di spine possono prosperare: una barriera corallina “sbiancata”, quindi, può venire invasa da un’intera popolazione di questa stella, che aspetta pazientemente che le temperature si abbassino e i coralli comincino a “resuscitare” la barriera.
Divoratrici. A quel punto, i giovani sono pronti a crescere, e a diventare un branco di adulti che si divorano immediatamente i nuovi, coraggiosi coralli, impedendo alla barriera di rigenerarsi. Il caldo estremo, insomma, sta dando un vantaggio enorme alla stella corona di spine rispetto alle barriere coralline: c’è solo da sperare che non diventi incolmabile.

La morìa dei ricci di mare nel Mediterraneo

I ricci di mare sono tra gli animali più importanti per la salute dell’ecosistema in cui vivono; nelle barriere coralline in particolare la loro presenza è essenziale, perché si nutrono delle alghe che, se lasciate libere di moltiplicarsi, soffocherebbero i coralli causando problemi a tutto l’ambiente.
Ecco perché di fronte a una morìa di massa c’è sempre da preoccuparsi: è quello che sta succedendo nel golfo di Aqaba, nel Mar Rosso, e nel vicino Mediterraneo, dove il riccio diadema (Diadema setosum) sta rapidamente soccombendo a un patogeno, esponendo le barriere coralline dell’area a una serie di rischi che potrebbero devastarle nei prossimi anni. La situazione è spiegata in uno studio pubblicato su Royal Society Open Science. 

Morìe in tutto il mondo. Il riccio diadema non è, in origine, un abitante del Mediterraneo. È diffuso in tutto il mondo, dal Giappone fino al Mar Rosso, ma è arrivato nel nostro mare solo nel 2006, in Turchia. Da lì ha cominciato a diffondersi, dapprima lentamente, poi, dal 2018, sempre più rapidamente, con le popolazioni di Grecia e Turchia che sono cresciute fino a comprendere centinaia di migliaia di esemplari.
Il problema è che, quasi immediatamente, sono arrivate anche le prime segnalazioni di morìe di massa nel Mediterraneo, molto simili per decorso e sintomi a quelle avvenute dall’altra parte del mondo, nei Caraibi, sia negli anni Ottanta sia nel 2022. La prima reazione al tempo fu di dire “bene! Il riccio diadema è una specie invasiva nel Mediterraneo, e se muore è meglio per i ricci locali”. Il problema è che il nostro mare è a due passi, geograficamente parlando, dal Mar Rosso, dove vivono invece popolazioni native di ricci di mare diadema. 

Il salto del patogeno. E infatti negli ultimi due mesi il patogeno che attacca i ricci di mare, un parassita ciliato che potrebbe essere comparso nel Mediterraneo ma anche essere stato portato qui dai Caraibi, è riuscito a “fare il salto” e ad arrivare anche nel Mar Rosso: nel golfo di Aqaba in particolare questo riccio è stato spazzato via nel giro di poche settimane, e ora nell’area non ne esiste più alcun esemplare.
Episodi simili, anche se per ora meno gravi, sono stati segnalati anche in Giordania, Turchia, Egitto e Grecia, mentre in Israele non è ancora arrivato, e le autorità locali sono state messe in allerta ne invitate a proteggere le barriere coralline. Il patogeno, comunque, ha una diffusione rapidissima: il rischio è che possa diffondersi incontrollato in tutto il Mar Rosso, mettendo a rischio l’intero ecosistema.

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