Parigi e la Rive gauche degli esistenzialisti
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Quale città rappresenta nell’immaginario collettivo una sorta di “baricentro culturale”, un locus verso il quale tutto il mondo intellettuale e artistico viene da sempre attirato se non affascinato?
La risposta è ovviamente Parigi, e soprattutto la Rive gauche della capitale francese, vero e proprio laboratorio di idee, scontri, bagarre sentimentali – tutto ciò a decorrere dalla prima metà del Novecento.
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Questo il décor attorno al quale il saggio di Agnès Poirier Rive gauche. Arte, passione e rinascita a Parigi 1940-1950 (Einaudi, pp. 351, € 21,00) si sviluppa: l’esistenzialismo nella sua massima fase di detonazione letteraria (la pubblicazione della Nausea di Sartre avviene nel ’38), la musica jazz e la nascita dei grandi chansonniers, il femminismo militante e la ricerca di una “terza via” in politica per sfuggire al capitalismo e al comunismo di matrice stalinista.
Resistenza
Oltre l’amara esperienza della Resistenza, tutto ciò che accomuna gli intellettuali della Rive gauche tra di loro è una grande sete di libertà, intesa anche come allontanamento dalle convenzioni sociali finallora dominanti, in primis l’istituzione del matrimonio e, di conseguenza, della famiglia: “L’esperienza della guerra e la sensazione di avere ingannato la morte per quattro anni erano la chiave per comprendere l’insaziabile sete di libertà che gli intellettuali e gli artisti della Parigi postbellica dimostravano in ogni aspetto della loro vita”.
Chi più chi meno ha infatti utilizzato la guerra per “formarsi” alla vita, che fosse direttamente nella Parigi occupata dai nazisti, nella Francia di Vichy del maresciallo Pétain, nella Londra di De Gaulle o in altri posti remoti del mondo, la guerra così come l’occupazione “determinò anche le loro azioni e i loro pensieri per il resto della loro vita”.
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