Il mistero dei buchi sul fondo dell’oceano Atlantico

Una serie di buchi perfetti scoperti a 2,7 chilometri di profondità nell’oceano Atlantico. Fori dalla strana forma, uno in fila all’altro, ripetuti a distanza regolare. Le fotografie del ritrovamento sono state pubblicate sui profili social del progetto Ocean Exploration della National Oceanic and Atmospheric Administration, l’ente pubblico americano che si occupa della ricerca oceanografica.  Uno dei luoghi più misteriosi del pianeta Avvistati a Nord delle Azzorre, quei buchi misteriosi corrono  lungo una cresta vulcanica sul fondo dell’oceano la Mid-Atlantic Range, una catena montuosa sottomarina, lunga decine di migliaia di chilometri. Uno dei luoghi più misteriosi del pianeta. Qui un mezzo telecomandato dai ricercatori ha scandagliato il fondale – in parte ancora inesplorato – trovando questi buchi allineati a distanza regolare nella sabbia. Per la verità, non è la prima volta che gli scienziati li avvistano. É già accaduto nel luglio 2004, “a circa 27 miglia di distanza dal luogo dell’avvistamento attuale, sempre lungo la

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L’infinito potere della sabbia

Che cosa ci ha salvato dalle ere glaciali, nasconde più vita della foresta amazzonica e muove un giro d’affari di 70 miliardi di dollari? Risposta: la sabbia. E che cosa ha fatto nascere la matematica, i computer, il vetro, il calcestruzzo e il nostro Pianeta? Sempre la sabbia. Questo materiale impalpabile, su cui ci sdraiamo d’estate, ci influenza più di quanto immaginiamo: «La sabbia è uno degli attori principali della vita sulla Terra», dice Michael Welland, geologo britannico.
«È trasportata dai venti, dalla gravità, dai fiumi e dalle correnti marine. Ogni secondo si generano miliardi di granelli di sabbia: ciascuno impiega secoli per viaggiare dalle montagne al mare, essere sepolto nei fondali e tornare in atmosfera con le eruzioni vulcaniche o la collisione delle placche tettoniche».

Minerali, conchiglie, corallli. La sabbia è composta da minerali (per lo più composti del silicio: quarzo, argilla, granito) sminuzzati dal vento, dal ghiaccio e dall’acqua.. Ma le sabbie possono essere fatte anche di conchiglie, lava vulcanica, coralli e… escrementi di pesci pappagallo: sono loro gli artefici delle bianche spiagge caraibiche. Questo pesce ha una sorta di becco con cui inghiotte i coralli in cerca di cibo: poi ne espelle i resti triturati, al ritmo di 1 kg l’anno. Per la scienza, in realtà, qualsiasi materiale fra 0,06 e 2 mm è definibile come sabbia: quindi anche lo zucchero, il sale o le sementi.
Ma la sabbia ha un’influenza globale. E ogni granello ha un’identità unica: si può risalire alle rocce da cui è originato. Nel 1944 i geologi statunitensi scoprirono la provenienza di alcune mongolfiere incendiarie grazie alla sabbia con cui erano zavorrate. Venivano da una località del Giappone, che fu poi bombardata.

Scopri le storie geologiche delle più siginificative spiagge italiane nell’articolo Test sotto la sabbia, di Giovanna Camardo, su Focus 359 (settembre 2022). Leggi il nuovo Focus in edicola!
© Focus

Oggi la sabbia è il materiale più usato ed estratto dopo l’acqua. Ogni anno se ne scavano 40 miliardi di tonnellate in tutto il mondo: ci si potrebbe costruire un muro alto come un palazzo di 9 piani e largo altrettanto, per tutto l’Equatore. Infatti la sabbia è l’ingrediente principale del calcestruzzo. La sabbia è usata per fare smalti, plastiche, dentifrici, creme solari, inchiostri. E chip per computer: il silicio è estratto da sabbia di quarzo pura al 99,99999%.
Arcipelaghi artificiali. Ecco perché la sabbia muove un business globale di 70 miliardi di dollari. Con effetti critici: causa il 10% delle emissioni di CO2 , contribuisce all’erosione delle coste e sottrae una risorsa naturale che non si rinnova. «La sabbia sepolta negli edifici e nell’asfalto non torna più in circolo», avverte l’Unep, Programma Onu per l’ambiente. Basta citare Dubai: ha raschiato 835 milioni di tonnellate di sabbia dai fondali del Golfo Persico per costruire gli arcipelaghi artificiali “le Palme” e “il Mondo”, con effetti ignoti sulla vita sottomarina. O Singapore, che si è ampliata del 20% grazie alla sabbia importata: i prelievi massivi hanno cancellato 24 isole indonesiane, aprendo tensioni politiche con la Malesia sui nuovi confini marittimi.

Come limitare il saccheggio di sabbia? «Usare calcinacci e vetro per le costruzioni di bassa qualità, o i residui degli inceneritori, che producono malte resistenti. È urgente regolare l’estrazione di sabbia, sia in terraferma (alzando le tariffe delle concessioni) sia nelle acque», avverte Pascal Peduzzi dell’Unep. In Italia gli fa eco Legambiente: sabbia e ghiaia sono il 62,5% dei materiali cavati ma «le pianificazioni delle Regioni sono scarse e le imposte agli estrattori ridicole».
Sulla Luna. Gli scienziati studiano le dinamiche della sabbia. La fisica dei sedimenti, infatti, è cruciale per prevedere le valanghe o gli smottamenti. I materiali granulari hanno una dinamica insospettabile: la sabbia secca si comporta come un liquido, quella umida come un solido. Ralph Bagnold – ufficiale britannico affascinato dal Sahara, da cui vide riemergere la Sfinge – dedicò la vita alle dune del deserto: all’Imperial College di Londra fece costruire una galleria del vento per studiarne il moto.
Il suo libro sulla fisica della sabbia (1941) è stato uno dei testi base delle missioni della Nasa sulla Luna e su Marte, dove è cruciale conoscere le dinamiche della sabbia per posizionare in sicurezza le navicelle spaziali. La sabbia ha comportamenti complessi: quando c’è vento, per esempio, un granello può sollevare in aria una superficie ampia più di 6 volte il suo diametro e 200 volte il suo peso; e queste collisioni generano cariche di elettricità statica che tengono i granelli vicini al terreno. Ricostruire la dinamica della sabbia è un rompicapo: quanti granelli, lasciati cadere su una pila, occorrono per provocarne il collasso? È uno degli obiettivi (ancora lontani) delle teorie del caos.

Già Archimede di Siracusa, oltre 2.200 anni fa, colse il legame fra sabbia e matematica: intitolò L’arenario un trattato sui grandi numeri. Per dimostrare che possono estendersi all’infinito, calcolò quanti granelli riempirebbero la sfera celeste: circa 1063. Difficile dire se avesse ragione, ma di fatto creò i numeri esponenziali. La sabbia, infatti, è l’immagine dell’infinito. Per questo, nei Caraibi, si usa lasciarne una pila davanti a casa: se arrivasse un vampiro, non resisterebbe alla tentazione di contarne i granelli e rimarrebbe bloccato tutta la notte.
Infinita. Per enumerare i granelli di un litro di sabbia (17 milioni), uno al secondo, occorrerebbero 3 mesi e mezzo. Ecco perché l’abaco, la prima calcolatrice, deriva dal fenicio abak, “sabbia”: era una tavoletta su cui si disponevano sabbia e sassi; forse lo 0 riproduce l’impronta di un sasso eliminato. Ed è nato sulla sabbia il codice a barre: nel 1952 l’ingegnere Usa Norman Woodland, cercando un sistema veloce per fare i conti alle casse, disegnò sulla sabbia l’alfabeto Morse: allungò in verticale i punti e le linee, e creò il nuovo codice. Con la sabbia si può fare arte: in Tibet i disegni sulla sabbia (mandala) guidano la meditazione; quando sono finiti sono distrutti, perché tutto è transitorio.

I fiumi sono le principali autostrade della sabbia: ogni anno portano nei mari 8 km3 di materiale, che riempirebbero mezzo miliardo di camion. Nelle zone ad alto rischio idrogeologico, i sedimenti possono causare tragedie, ma nessun computer può ricostruire la fisica dei granelli: per studiare il moto dei sedimenti, al laboratorio Anthony Falls di Minneapolis hanno costruito il “Juras – sic tank”, una vasca da bagno lunga 47 metri in cui fanno precipitare 200 tonnellate di sabbia, variando la pendenza e la superficie. Ma è difficile, anche ai più esperti, fare previsioni: nel 1944 la nave Usa Richard Montgomery risalì il Tamigi con un carico di bombe. La nave si incagliò nell’estuario, su un banco di sabbia a Sheerness, e fu abbandonata. È ancora lì, delimitata da boe, carica di 3.000 t di esplosivi: occorrerebbero 35 milioni di € e 18 mesi di lavoro per bonificarla.

Quando la sabbia trasportata dai fiumi arriva in mare, si può depositare sulle coste o finire nei fondali. Ma non tutte le spiagge si formano per accumulo di sabbia: altre sono dovute all’erosione delle coste, al deposito di lave vulcaniche, conchiglie, escrementi di pesce, coralli. L’arcipelago delle Bahamas, 132 mila km 2 , è una piattaforma carbonatica: una barriera corallina che venne a galla per l’abbassamento dei mari nel Mesozoico. Cotti dal Sole, i carbonati si sono trasformati in una roccia spessa 5 km. E dobbiamo ringraziare i calcari finiti negli oceani se il clima della Terra resta equilibrato. I calcari si formano quando le piogge acide si uniscono a sabbie di silicati di calcio. Se arrivano in acqua fredda, che li scioglie, i mari rilasciano CO 2 , che riscalda l’atmosfera; se invece sfociano in acque calde, i calcari si depositano nei fondali, portando con sé la CO 2. Èil ciclo silicio-carbonio, meccanismo con cui la Terra si raffredda quando la temperatura sale troppo e viceversa.
Le sabbie mobili. La sabbia può essere un collante: se riusciamo a costruire i castelli di sabbia è merito della tensione di superficie fra l’acqua e l’aria, che lega due granelli vicini. E questo spiega anche le sabbie mobili: si formano quando l’acqua separa i granelli fra loro ma non riesce a drenare, lasciando la sabbia in sospensione. Il risultato è un fragile equilibrio fra solido e liquido: se ci si muove veloci, il movimento impedisce la dilatazione del liquido, e i granelli vanno a uno stato solido, cementando la persona. Nelle sabbie mobili si può morire di fame, caldo, ma non perché si viene risucchiati a fondo, come si vede nei film. Per estrarre un piede dalle sabbie mobili occorre la stessa forza necessaria a sollevare un’auto di media cilindrata.

Come liberarsi dalle sabbie nobili? Il segreto è muoversi lentamente, per permettere all’acqua di scorrere e riempire lo spazio intorno a voi. La dilatazione della sabbia è un problema tragico in caso di terremoti. Se si scaricano su uno strato di sabbia umida nel sottosuolo, ne causano l’espansione: l’acqua drena, viene meno l’adesione fra i granelli, e si aprono grandi crepe nel terreno che inghiottono intere città. L’Università della California ha trovato una soluzione: iniettare nel sottosuolo un batterio (Sporosarcina pasteurii) capace di cementare fra loro i granelli.

Nella sabbia si celano molte forme di vita, e diverse sono ancora da scoprire. Se una foresta pluviale può ospitare 16 tipi (phyla) di organismi, nella sabbia ce ne sono 22. Granchi, coccinelle scorpioni, scarabei, ma anche invisibili creature inferiori al mm, gli psammon. Si nutrono di foglie, batteri, animali morti: è merito loro se troviamo pulite – e piene di buchi – le spiagge, anche a Ferragosto. Fra le creature della sabbia ci sono animali resistenti come i tardigradi, capaci di sopravvivere fra i –200 °C e i +150 °C.
E le strutture più antiche sulla Terra sono le stromatoliti, sedimenti costruiti da cianobatteri intrappolando granelli di sabbia coi loro filamenti: la sabbia è stata la culla della vita. E gli stessi pianeti non sono che sabbia e polveri interstellari coagulate fra loro in milioni di anni. È falso, invece, che le perle si formino se un grano di sabbia entra in un guscio d’ostrica: occorrono materiali più grandi, come frammenti di conchiglia. Ma con tutto ciò che fanno i granelli, pretendere anche le perle sarebbe troppo.

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