La “malattia nazionalistica” dell’Europa centrale nasce da un impasto di messianismo e populismo
Giuliano de’ Medici, a quanto riferisce Baldassar Castiglione (“Il Libro del Cortegiano”, 1528: Libro Secondo, LV), raccontava di un mercante lucchese che si recò in Polonia per acquistare dai Moscoviti una partita di zibellini. Si dettero appuntamento sulle rive opposte del Boristene (odierno Dnepr, in Ucraina) ghiacciato come il marmo. Iniziò la trattativa sul prezzo con i Moscoviti che gridavano dall’altra parte della riva, ma “tanto era estremo il freddo, che non erano intesi; perché le parole, prima che giungessero all’altra riva, dove era questo luchese e i suoi interpreti, si gelavano in aria e vi restavano ghiacciate e prese in modo, che quei Poloni che sapeano il costume, presero per partito di far un gran foco proprio al mezzo del fiume, perché a lor parere quello era il termine dove giungeva la voce ancor calda prima che fosse dal ghiaccio intercetta (…) Onde, fatto questo, le parole, che per spacio di un’ora eran state ghiacciate, cominciarono a liquefarsi e descender giù mormorando, come la neve dai monti il maggio; e così sùbito furono intese benissimo…”.
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