L’Uganda è in lockdown (e la covid non c’entra)

Il 15 ottobre scorso il presidente dell’Uganda Yoweri K Museveni ha imposto un lockdown di tre settimane nei distretti di Mubende e Kassanda: lo scopo è quello di contenere l’ennesima epidemia di ebola, dichiarata lo scorso settembre in seguito a sei “morti sospette”. «Se non la conteniamo, Ebola potrebbe espandersi oltre i confini dell’Uganda», ha dichiarato Museveni. Nel momento in cui scriviamo i casi confermati sono 109, le morti 30 (qui i dati aggiornati).

Le misure. Nei due distretti in lockdown sono stati chiusi bar, palestre, luoghi di intrattenimento e di culto, e il funzionamento dei mezzi di trasporto pubblici è stato momentaneamente sospeso. È stato anche imposto il coprifuoco dalle 19 alle 6, ed è vietato entrare e uscire dai distretti.

Sintomi e mortalità. Conosciamo sei specie di ebolavirus, tre dei quali (Bundibugyo, Sudan e Zaire) hanno causato in passato grosse epidemie in Africa. La malattia, che si trasmette attraverso il contatto con i fluidi corporei di un infetto e causa problemi di coagulazione sanguigna, inizialmente si presenta con sintomi quali febbre, stanchezza, dolori muscolari, e successivamente provoca vomito, diarrea, problemi a fegato e reni, e sanguinamento.

Il tasso di mortalità di Ebola è molto alto: nel caso della specie sudanese, che sembra essere la causa delll’attuale epidemia in Uganda, gli infetti muoiono dalle quattro alle dieci volte su dieci.

E il vaccino? Un vaccino contro Ebola esiste, ma purtroppo è efficace solo contro la specie Zaire del virus (ZEBOV): in questo caso, trattandosi di Sudan Ebolavirus, non abbiamo armi preventive a nostra disposizione.

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Ebola, il vaccino dimezza il rischio di morte

Il virus Ebola che a cadenza periodica provoca devastanti epidemie in alcune parti dell’Africa è letale in quasi la metà delle persone che lo contrae. Ma un nuovo studio pubblicato su The Lancet Infectious Diseases mostra che un vaccino promettente contro questa infezione dimezza la mortalità per Ebola, anche se somministrato a contagio già avvenuto. Il vaccino, dal nome complesso di rVSVΔG-ZEBOV-GP, non protegge soltanto dalle infezioni, ma rende anche il virus meno letale. Un’ottima notizia nella lotta a questa malattia, contro la quale fino a non molti anni fa esistevano praticamente solo cure palliative.

Uno scudo fondamentale. Il rVSVΔG-ZEBOV-GP è un vaccino intramuscolare in singola dose che spinge l’organismo a produrre una delle proteine del virus Ebola, in modo da sollecitare anticorpi protettivi che possano entrare in azione in caso di contagio. È uno dei due vaccini contro Ebola che hanno ottenuto la prequalificazione (ovvero un maggiore accesso per usi specifici) da parte dell’OMS e anche se non è ancora disponibile in commercio, viene somministrato nelle aree dove circola il virus secondo una strategia cosiddetta ad anello, ossia prima alle persone che hanno avuto un contatto diretto con un paziente con Ebola, quindi ai contatti dei contatti e agli operatori sanitari che li cureranno.

Presidio salvavita. Il virus Ebola, responsabile di febbri emorragiche spesso fatali, si trasmette attraverso il contatto con sangue, organi, saliva e altri fluidi o secrezioni di persone infette. Si sa che il vaccino rVSVΔG-ZEBOV-GP è altamente efficace nel ridurre le infezioni in chi ha contatti con pazienti malati, ma non era chiaro se potesse ridurre anche la mortalità. Nello studio osservazionale condotto da Epicentre, il centro di ricerca medica ed epidemiologica di Medici Senza Frontiere (MSF) su 2.279 pazienti durante la seconda peggiore epidemia di Ebola mai registrata, avvenuta nella Repubblica Democratica del Congo tra il 2018 e il 2020, è emersa un’elevata efficacia del vaccino anche contro la morte per Ebola.

Benefici anche all’ultimo. Tra i non vaccinati la mortalità è stata del 56%. Ma tra coloro che hanno ricevuto il vaccino, il tasso di mortalità è risultato dimezzato: era del 27,3% in chi era stato vaccinato appena un paio di giorni prima della comparsa dei sintomi, perciò “all’ultimo momento” in una disperata corsa contro il tempo, e ancora inferiore, cioè del 17,5%, in chi era stato vaccinato più di tre settimane prima dei sintomi.
«Quindi anche se essere vaccinati il prima possibile offre i benefici maggiori, sappiamo ora che è comunque meglio vaccinarsi tardi che mai», afferma Rebecca Coulborn, epidemiologa del centro Epicentre di MSF.

«La vaccinazione dopo il contatto con una persona affetta dal virus Ebola, anche se somministrata poco prima della comparsa dei sintomi, conferisce comunque una protezione significativa contro la morte».

Meno virus in corpo. Nelle persone vaccinate è stata inoltre osservata una minore circolazione del virus all’interno dell’organismo: un fatto che potrebbe spiegare il minore rischio di morte, ma che avrebbe ricadute anche sul potenziale rischio di trasmissione del virus, potenzialmente ridotto grazie al vaccino. Meno chiaro è quanto duri la protezione offerta.

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Ebola, i devastanti effetti sul corpo umano

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