La storia dell’arte non può essere riletta con i nostri criteri scandalizzati
Basta accettare tante opere di un artista maschio e bianco. La critica d’arte Smith accusa il Metropolitan sulla selezione di Philip Guston. I suoi dipinti, così come lui stesso, sono tanto scomodi da volere che vengano cancellati
Abbiamo celebrato il Giorno della memoria in un momento storico in cui la correttezza politica si è trasformata in Alzheimer culturale collettivo. La cancel culture è esattamente il contrario del Giorno della memoria. Se ricordiamo l’olocausto perché insistiamo nel cancellare altri orrori, forse non collettivi ma più intimi e privati ma non meno gravi e per questo bisognosi anche loro di essere ricordati? Penso a questo mentre leggo un articolo sul New York Times di Roberta Smith, critica d’arte storica del giornale, che stigmatizza il Metropolitan museum per aver accettato più di sessanta opere donate dalla fondazione del pittore Philip Guston. La Smith dice che un museo che sta facendo uno sforzo per riscrivere la storia della propria collezione attraverso sguardi non solo maschi e bianchi non avrebbe dovuto accettare tante opere di un artista maschio e bianco, appunto.
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