10 marzo 1872: muore Giuseppe Mazzini

Giuseppe Mazzini, “Pippo” per gli amici, più che un patriota dai severi ideali, era un compagnone e un eroe romantico affetto da grafomania. Scopriamo un Mazzini inedito attraverso l’articolo “Burbero ma non troppo” di Matteo Liberti, tratto dagli archivi di Focus Storia.

Lo stereotipo del patriota. Rideva poco, è vero, ma chi da questo dettaglio si facesse l’idea di un Giuseppe Mazzini (1805-1872) austero, introverso e musone, poco incline a slanci e passioni, si sbaglierebbe di grosso. A indagarla a fondo, soprattutto attraverso le molte lettere che scriveva quasi ogni giorno ad amici e parenti, la sua biografia restituisce infatti un’immagine diversa da quella dell’uomo che “giammai non rise“, come recita un celebre verso di Giosuè Carducci. Uno stereotipo e un “marchio” frutto di un luogo comune smentito dai fatti privati di un’esistenza non facile, ma piena di sorprese: Mazzini aveva una gran passione per la birra, suonava la chitarra ed esercitava un certo fascino sull’altro sesso.

Controcorrente. Intanto, la Storia lo ha archiviato sotto la m di Mazzini, ma per famigliari e amici rispondeva alla p di Pippo. Fisico asciutto, capelli scuri, carnagione olivastra e sguardo magnetico, dipinti e fotografie lo ritraggono costantemente vestito di nero e quasi mai sorridente. «Proprio la ritrattistica ha contribuito nel tempo ad alimentare il mito della sua ombrosità, del “profeta triste” da rispettare, ma quasi impossibile da trovare simpatico», spiega Pietro Finelli, presidente dell’Associazione Mazziniana Italiana e parte del Consiglio d’amministrazione della Domus Mazziniana di Pisa (luogo in cui il patriota morì e oggi casa-museo). «Mazzini ha inoltre pagato la sua posizione “controcorrente” (lui era repubblicano, mentre l’Italia nacque monarchica) ».

Fascino dark. Insomma, dal punto di vista politico Mazzini aveva davvero poco da stare allegro. E il black-look che effettivamente prediligeva? Non era indice di tristezza, bensì una forma di messaggio polemico: si narra infatti che il patriota decise a un certo punto di portare simbolicamente il lutto in onore di una patria (l’Italia) divisa e sottomessa allo straniero. Su quella “divisa” nera Mazzini indossava spesso un foulard (odiava colletti e cravattini) e teneva la barba lunga: il suo fascino “dark” era completato da una spruzzata di profumo, per il quale aveva un debole.

Grafomane. Gran lettore, questo eroe con un nomignolo da fumetto passava ore a scrivere. Articoli, ma soprattutto lettere. «Molte delle notizie, anche le più curiose, che abbiamo su di lui sono ricavate dalle sue missive, centinaia delle quali – pubblicate di recente dalla Domus Mazziniana – furono indirizzate a Katherine Hill, meglio nota con il nomignolo di “Kate”, sua amica e sostenitrice politica durante i travagliati decenni trascorsi in esilio a Londra, dove giunse nel 1837, a 32 anni », dice Finelli.

«In queste lettere il “grafomane” Mazzini parla di politica, letteratura, critica musicale, religione, questioni sociali ma anche di affari di cuore».

Romanticone. La figura di Kate è legata alla passione di Mazzini per la letteratura. La giovane inglese, impiegata alla Mudie’s select library (una libreria-biblioteca di Londra), procurava a Giuseppe centinaia di titoli e novità editoriali. «Il carteggio con Kate rivela una scelta eclettica in fatto di letture», conferma Finelli. “Pippo” non leggeva soltanto trattati di politica. «Si va dai romanzi storici e d’avventura di Walter Scott e Alexandre Dumas (I tre moschettieri era tra i suoi preferiti) a titoli davvero inaspettati come i romanzi sentimentali delle sorelle Brönte (Cime tempestose per esempio) fino alla poesia». Tra le letture mazziniane che non ci si aspetterebbe fanno capolino persino testi di religione buddista e un volume sulla lingua sanscrita.

Note al pub. Il posto d’onore tra gli hobby mazziniani spetta però alle sette note. «Oltre che un competente ascoltatore, Mazzini era un abile interprete musicale», spiega Finelli. «A Londra mise in piedi un trio musicale con due sue amiche (le sorelle Ashurst). Nel 1835 aveva scritto un saggio (Filosofia della musica) in cui esaltava l’importanza della musica popolare per la creazione di un’identità nazionale». Il suo strumento preferito era la chitarra, che aveva imparato a suonare da bambino e che l’accompagnò per tutta la vita. «Fu anche impresario musicale: organizzava concertini per raccogliere fondi destinati agli esuli italiani», prosegue l’esperto.

Swinging London. Nei primi anni londinesi trascorreva giornate intere chiuso in casa a strimpellare e fumare sigari, altra sua passione poco nota. «In Inghilterra Mazzini scoprì infine il piacere della birra», riprende Finelli. «Nelle lettere inviate a Kate si scopre che suggeriva di scegliere quella della Swan Brewery, celebre birrificio e birreria di proprietà di due ferventi sostenitori mazziniani».

Gineceo. Oltre ai boccali di birra, alle serate musicali e al rapporto epistolare con la madre, ad addolcire la vita di Mazzini contribuirono numerose amicizie femminili (tra cui si celavano diverse spasimanti), tanto che confessò un giorno di essere circondato da un piccolo “clan” di donne.

Fu nella dimora pisana di una di queste amiche, Janet Nathan, che nel 1870 Mazzini trovò rifugio dopo essere rientrato in patria di nascosto con il falso nome di George Brown (era ricercato per i moti che porteranno all’annessione dello Stato della Chiesa).

In quella stessa abitazione Giuseppe passò gli ultimi giorni della sua vita e morì, il 10 marzo 1872, continuando a dedicarsi alla scrittura, alla musica e ai sigari. Cercando insomma di godersi, a modo suo, la vita fino all’ultimo.

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