Anche le femmine di scimpanzé vanno in menopausa
Le femmine di un gruppo di scimpanzé (Pan troglodytes) dell’Uganda vanno in menopausa e continuano a vivere per un lungo periodo anche dopo la fine dell’età fertile. È la prima volta che questa fase fisiologica della vita femminile viene accertata anche in un primate non umano. Finora infatti la menopausa era stata documentata con certezza soltanto nella nostra specie e in alcuni cetacei. Un paio di studi da poco pubblicati dimostrano invece che questo passaggio è più diffuso di quanto si credesse, e mettono in dubbio una delle ipotesi prevalenti sulla sua origine.
Come le femmine sapiens. Un team di scienziati guidati da Kevin Langergraber, primatologo dell’Arizona State University (USA), ha seguito per 21 anni, dal 1995 al 2016, 185 femmine della comunità di scimpanzé selvatici Ngogo, nel Kibale National Park in Uganda. La probabilità di nuove nascite è scesa naturalmente dopo i 30 anni delle femmine, azzerandosi sopra i 50 anni. Ciò nonostante, diverse femmine hanno vissuto un altro lungo pezzo di vita in salute, arrivando in alcuni casi ben oltre i 60 anni.
Secondo gli autori dello studio, le femmine Ngogo trascorrono circa un quinto della loro vita adulta in questo periodo post riproduttivo – ben oltre quanto immaginato finora dagli scienziati. Infatti, si è sempre ritenuto che le femmine di scimpanzé e della maggior parte dei mammiferi continuasse a riprodursi praticamente fino alla fine della vita.
Cambiamenti ormonali. L’arrivo della menopausa è stato confermato dalle analisi delle urine delle femmine Ngogo, nelle quali gli scienziati hanno cercato la presenza di quattro tipi di ormoni riproduttivi. Nelle femmine di uomo, i livelli di due di questi ormoni calano all’arrivo della menopausa, e quelli di altri due aumentano. Lo stesso sembra avvenire in questi primati nostri “cugini”.
Una felice eccezione? Da un lato, la novità della scoperta fa pensare che il caso della comunità Ngogo possa essere piuttosto fortunato rispetto agli standard. Questa comunità di scimpanzé è infatti isolata e poco disturbata dalle attività dell’uomo o di altri primati: le femmine perciò hanno la possibilità di vivere a lungo lontane da pericoli, raggiungendo più spesso la vecchiaia.
Una tendenza diffusa. Dall’altro però, un secondo studio fa pensare che la menopausa possa essere un fenomeno molto più diffuso di quanto ritenuto in precedenza. Il lavoro, pubblicato su Cell, è nato da un’osservazione casuale.
Angela Goncalves e Ivana Winkler, ricercatrici di genomica del German Cancer Research Center, si sono accorte che le più anziane femmine di topo in laboratorio vivevano ben oltre l’età in cui sono fertili.
Curiose di capire quanto fosse diffusa questa tendenza, le due hanno cercato dati su mammiferi di ben 70 specie, scoprendo che la cessazione permanente dell’ovulazione è in realtà un tratto piuttosto diffuso in natura, osservato nelle femmine di almeno sei ordini di mammiferi su 20 (quelli per i quali c’erano abbastanza dati disponibili).
In cerca di spiegazioni. Ma allora a che cosa serve la menopausa? La scoperta di questa transizione tra gli scimpanzé mette in dubbio l’ipotesi della nonna, a lungo usata per spiegare la menopausa umana: il fatto, cioè, che il periodo post-riproduttivo delle donne si sia evoluto per favorire un aiuto nelle cure dei nipoti. La teoria non tiene per gli scimpanzé, perché le femmine in età riproduttiva lasciano la comunità d’origine per trovare un partner. Una possibile alternativa è che – almeno tra gli Ngogo – la menopausa serva a ridurre la competizione tra femmine anziane e più giovani sui partner con cui riprodursi.
Garanzia di qualità. Per altri biologi la menopausa non sarebbe invece il risultato di un processo di selezione naturale, ma piuttosto un sottoprodotto dell’evoluzione. Altri ancora ritengono che questa fase sia sì frutto di un processo evolutivo, ma determinato da fattori biologici: poiché solo la madre fornisce DNA mitocondriale, e questo si trova nelle cellule uovo, è necessario assicurarsi che i mitocondri passati siano di buona qualità, e con il passare degli anni la qualità degli ovociti peggiora. A un certo punto non è più possibile trasmettere alla prole buoni mitocondri, e il potenziale riproduttivo cessa.
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