Una capsula con farmaci prodotti nello Spazio

Il Ritonavir è un medicinale antivirale usato nel trattamento dell’infezione da HIV e dell’epatite C. Il 21 febbraio 2024 è stato consegnato nel deserto occidentale dello Utah da un “corriere” molto speciale: una capsula appartenente alla startup californiana Varda Space Industries e proveniente direttamente dallo Spazio.

Compresse spaziali. Questa compagnia spaziale privata ha infatti l’obiettivo di produrre farmaci nella bassa orbita terrestre, per avvantaggiarsi di una condizione unica e difficilmente riproducibile sulla Terra – la microgravità, che permette ai cristalli di principio attivo di assemblarsi “con strutture più perfette”.

Vado, produco e torno. L’idea di Varda è promuovere l’uso di piattaforme orbitali diverse dalla Stazione Spaziale Internazionale da usare come piccole fabbriche per ingegnerizzare vari tipi di materiali nello Spazio. La missione appena terminata, la W-1, era iniziata nel giugno 2023 con il lancio di una capsula a bordo di un razzo Falcon 9 di SpaceX, nell’ambito di Transporter-8, una cosiddetta missione rideshare (dove un singolo vettore spaziale mette in orbita più satelliti di diverse società, così da condividere i costi).

La capsula ha trascorso più di sette mesi nello Spazio agganciata a un satellite Rocket Lab Photon che le ha fornito propulsione, energia e direzione mentre produceva l’antivirale. Dopo alcuni mesi per ottenere il permesso di rientro da parte della Federal Aviation Administration statunitense, il 21 febbraio è rientrata in atmosfera, atterrando intatta nello Utah Test and Training Range, un’area usata per i test militari nel deserto occidentale dello Utah.

I possibili vantaggi. Secondo Varda, la lavorazione di farmaci in microgravità «altera in modo molto accentuato il galleggiamento, la convezione naturale, la sedimentazione e la separazione di fase dei farmaci», ossia varie fasi della loro sintesi, con diversi potenziali benefici nella struttura finale dei cristalli, nel prolungamento della loro vita di scaffale, nell’efficacia e nella creazione di nuove molecole.

Quali effetti abbia avuto la peculiare lavorazione sul Ritonavir lo stabiliranno le analisi chimiche di fine missione: farmaco e capsula sono infatti stati trasportati in due diversi laboratori per tutti gli studi di rito – il primo, per una caratterizzazione delle sue proprietà chimico-fisiche, la seconda, per un’analisi dei dati raccolti durante il rientro, avvenuto in parte a velocità ipersoniche.

Una nuova era. Se a lungo condurre ricerche in microgravità è stata una prerogativa degli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale, ora la maggiore accessibilità economica dei lanci orbitali resa possibile dai razzi riutilizzabili e dalle missioni rideshare sta ampliando le possibilità di test scientifici in orbita bassa.

Attirando così l’interesse di diverse aziende, da quelle che si occupano di ricerche biomediche a quelle interessate alla ricerca di nuovi materiali.

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