Perché i Labrador tendono a ingrassare?

Avete un Science Advances dimostra che si può anche togliere l’avverbio: una mutazione genetica presente nei Labrador e nei Flat-Coated Retriever li rende non solo più famelici, ma anche meno capaci di assimilare il loro pasto, e quindi più propensi a ingrassare.

“Ho sempre fame”. Il gene controlla la produzione della POMC (pro-opiomelanocortina), un ormone che, come scoperto già qualche anno fa, in caso di mutazione predispone i cani all’obesità. Questa mutazione si ritrova nel 25% circa dei Labrador e addirittura nel 66% dei Retriever, ma ha un effetto più evidente nei primi: è il motivo per cui sembra che i cani di questa razza non riescano mai a placare la fame. Sottoposti a un esperimento, 36 Labrador adulti sono stati messi alla prova in diverse condizioni di sazietà, e, per farla breve, non hanno mai smesso di cercare di procurarsi il cibo (nascosto sotto un coperchio trasparente) o di accettare quello offerto dagli umani a intervalli di 20 minuti circa.

Occhio alla dieta. La scoperta più interessante è però un’altra: analizzando il consumo calorico di cani con e senza mutazione, il team ha scoperto che i primi bruciano, nel processo digestivo, il 25% in meno delle calorie rispetto ai secondi. Questo significa che non solo Labrador e Retriever hanno sempre fame, ma che assimilano meno nutrienti: ecco perché le diete per queste razze prevedono porzioni che sembrano più piccole rispetto a quello che il cane stesso è disposto a mangiare. Insomma: quasi due secoli di selezione hanno prodotto due razze con una mutazione genetica che li fa essere sempre affamati e contemporaneamente incapaci di assorbire tutto quello che mangiano e convertirlo in energia; ecco perché i Labrador e i loro cugini hanno bisogno di attenzioni particolari dal punto di vista della dieta.

Continua la lettura su: https://www.focus.it/ambiente/animali/perche-labrador-tendono-all-obesita-questioni-genetiche Autore del post: Focus Rivista Fonte: http://www.focus.it

Articoli Correlati

Semaglutide: che cos’è e come funziona

Negli ultimi mesi potreste avere spesso sentito parlare di semaglutide, un farmaco utilizzato per il trattamento del diabete di tipo 2 diventato molto ambito e discusso (e rimasto per un certo periodo introvabile) grazie anche al fatto che favorisce la perdita di peso, virtù decantata anche da molti volti noti – a cominciare da Elon Musk, che ha attribuito al medicinale il segreto della sua ritrovata forma fisica.

Ma quella che per i più superficiali è soltanto “l’iniezione che fa dimagrire”, un asso nella manica per perdere peso senza troppi sacrifici, nella realtà è una molecola serissima che risponde a esigenze mediche specifiche, e che come tutti i farmaci va assunta sotto controllo medico. Con l’aiuto di due esperti abbiamo provato a capire come agisce la semaglutide, per chi è indicata e quali sono i rischi associati a un suo utilizzo puramente “estetico”.

Semaglutide: che cos’è? La semaglutide, venduta con i nomi commerciali di Ozempic o (all’estero) Wegovy, è farmaco iniettabile noto da una decina d’anni e utilizzato con successo contro il diabete di tipo 2 (diabete mellito). È prodotto dalla multinazionale farmaceutica danese Novo Nordisk. L’Ozempic è la prima versione del medicinale (esiste dal 2012), indirizzata ai pazienti con diabete. La seconda versione, con marchio Wegovy, contiene un dosaggio più alto di semaglutide ed è invece utilizzata nella gestione dell’obesità.

Come funziona? La semaglutide imita il comportamento di un ormone prodotto dall’intestino, il GLP-1 (glucagon-like peptide 1), incaricato di stimolare la produzione di insulina e inibire quella di glucagone (un altro ormone che fa aumentare il livello di zuccheri nel sangue) quando la glicemia è elevata. Ha un effetto ipoglicemizzante, aiuta cioè ad abbassare la glicemia, ossia la concentrazione di zuccheri nel sangue.

L’insulina è un ormone prodotto dal pancreas che permette alle cellule di prelevare lo zucchero presente nel sangue e assunto con l’alimentazione, per utilizzarlo come fonte di energia. Nelle persone con diabete di tipo 2 l’insulina è disponibile, ma l’organismo è scarsamente sensibile alla sua azione: ecco perché la semaglutide è efficace contro il diabete. Ma il GLP-1 ha anche il compito di segnalare al cervello il senso di sazietà alla fine di un pasto. La semaglutide sfrutta questo stesso meccanismo per far arrivare prima il senso di sazietà, lenire l’appetito e alleviare il senso di fame perenne che si può avvertire durante una dieta.

La semaglutide fa perdere peso? In uno studio pubblicato nel 2021 sul New England Journal of Medicine, un team di scienziati ha testato gli effetti della semaglutide su 1.961 adulti obesi o sovrappeso non ammalati di diabete, provenienti da 16 diversi Paesi.

I pazienti, che hanno osservato una dieta e hanno ricevuto consulenze sullo stile di vita adeguato per perdere peso, sono stati suddivisi in due gruppi, uno dei quali ha ricevuto un’iniezione settimanale di semaglutide per 16 mesi. Al termine dello studio, i pazienti trattati farmacologicamente avevano perso in media oltre 15 chili e 5.5 punti di BMI (su un valore iniziale di 30, che indica obesità di I grado) rispetto al gruppo trattato con placebo. Il trattamento ha anche ridotto l’ipertensione nei pazienti e provocato in generale un migliore benessere.

«Questo effetto dimagrante così marcato è descritto soprattutto negli studi di vita reale, quelli in cui si associano al farmaco anche una dieta opportuna e un counseling che possano rinforzarne l’azione» spiega a Focus.it Claudio Tubili, Direttore UO di Diabetologia dell’Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini di Roma. «Del resto nella pratica clinica osserviamo abitualmente calo di peso anche molto spiccato nei soggetti che, oltre a avere la prescrizione del farmac,o seguono con un’alta aderenza la dieta, fanno attività fisica e sono motivati».

Come riesce la semaglutide a far dimagrire? «È un farmaco che agisce su più livelli – spiega Tubili – oltre a modulare la secrezione di insulina da parte del pancreas, effetto particolarmente importante nella cura del diabete, agisce sul tratto gastrointestinale, rallentando lo svuotamento dello stomaco e dando di conseguenza una sensazione di sazietà. A livello del sistema nervoso centrale interviene sui meccanismi che regolano il comportamento alimentare, stimolando i cosiddetti circuiti di reward, che sono situati in alcuni tratti dell’ipotalamo e della corteccia cerebrale, e che ci danno quella sensazione di ricompensa, di appagamento dopo aver mangiato».

In pratica, “spegne” la fame? «È un effetto sulla sazietà in termini edonici, quell’aspetto della sfera alimentare più o meno governato dalla nostra corteccia, cioè dalla parte più razionale e più nobile del nostro cervello, che ci spinge a mangiare per curiosità, per piacere», chiarisce Tubili. «La semaglutide stimola i recettori del sistema nervoso centrale che ci danno l’appagamento: nel quotidiano i pazienti riferiscono meno fame, perché già sufficientemente gratificati dal pasto. Quindi parliamo di una sazietà un po’ più raffinata, più intellettuale rispetto a quella pure indotta dal farmaco a livello gastrico, cioè quella sensazione proprio di pienezza che porta di fatto a limitare la presa alimentare».

Questo effetto dimagrante era stato previsto? «In tutti i farmaci della classe degli analoghi del GLP-1, in effetti è stato dimostrato un effetto favorevole sul peso corporeo, quindi c’è da dire che c’è una componente classe-specifica» dice Tubili. «Anche i cugini, chiamiamoli così, di semaglutide comportano una perdita di peso. Tant’è vero che uno di essi, la liraglutide, che è un altro farmaco antidiabetico noto da tempo, è attualmente commercializzata in Italia, ma non solo in Italia, per dimagrire.

Semaglutide ha due caratteristiche, è più efficace degli altri, come documentano i trials clinici, ed è più comoda da somministrarsi, dato che si può somministrare con una sola iniezione sottocutanea settimanale. Inoltre, già da alcuni anni, è disponibile la semaglutide somministrabile per via orale (sempre prescrivibile unicamente nei soggetti diabetici) anche se il suo effetto sul controllo della fame e del peso corporeo è meno spiccato».

Dove sono disponibili questi farmaci? La Food and Drug Administration e l’EMA (European Medicine Agency) hanno approvato la semaglutide per il controllo del peso nel giugno 2021 e nel gennaio 2022, rispettivamente, e con il nome di Wegovy: un farmaco analogo all’Ozempic, ma con un dosaggio più alto e pensato appositamente contro l’obesità. In Europa, Wegovy è autorizzato per la gestione del peso, insieme alla dieta e all’attività fisica, in persone obese o in sovrappeso in presenza di almeno un problema di salute legato al sovrappeso. In Italia, la semaglutide non è ancora stata approvata con questa indicazione e si trova solo l’Ozempic, come antidiabetico. Negli Stati Uniti entrambi i farmaci possono essere prescritti per entrambe le indicazioni (diabete/obesità).

Che cosa sono le prescrizioni “off label”? Il fatto che la semaglutide aiuti nella perdita di peso ha spinto negli ultimi anni alcuni medici a prescriverla in modalità “off label” (letteralmente fuori etichetta, ossia per impieghi diversi da quelli per i quali sono stati autorizzati) come rimedio contro l’obesità. Questo, insieme all’efficacia del farmaco, al suo uso da parte di influencer e personaggi celebri e alla possibilità, in Paesi come gli Stati Uniti, di pubblicizzare i medicinali direttamente ai consumatori, hanno portato all’esplosione della domanda del farmaco anche in situazioni non giustificate dal punto di vista medico.

Perché la scorsa primavera la semaglutide era introvabile? La Novo Nordisk, che nel frattempo ha visto crescere vertiginosamente il suo giro di affari arrivando a trainare l’economia danese, fatica a stare al passo con l’alta richiesta di semaglutide, e già questo ha determinato negli scorsi mesi una carenza mondiale del farmaco, in un periodo in cui, complici la pandemia e la poca disponibilità di alcune componenti, diversi farmaci sono mancati sugli scaffali.

In Italia, oltretutto, solo l’Ozempic è disponibile e la domanda si concentra interamente su questo farmaco.
L’utilizzo dell’Ozempic come antidiabetico è comunque soggetto a prescrizione medica (serve la ricetta medica con rimborso da parte del SSN, e non basta quella bianca, scritta a mano dal curante), quindi l’utilizzo off label nel nostro Paese rimane contenuto. A marzo 2023 l’AIFA ha diffuso una nota ricordando che «Ozempic è indicato esclusivamente per il trattamento di adulti affetti da diabete mellito di tipo 2 non adeguatamente controllato in aggiunta alla dieta e all’esercizio fisico. Ogni altro utilizzo, inclusa la gestione del peso, rappresenta un uso off label e attualmente mette a rischio la disponibilità di Ozempic per la popolazione indicata».
Dopo questo intervento la situazione è migliorata. «Ora, almeno in Italia, il farmaco si trova senza problemi» spiega a Focus.it Graziano Di Cianni, Direttore U.O.C Diabetologia e Malattie Metaboliche di ASL Toscana Nordovest. «Nei mesi di febbraio-marzo c’è stata una certa criticità, ma ora il farmaco è disponibile per i pazienti diabetici che ne hanno necessità. Anche perché in Italia è distribuito soltanto mediante canali ufficiali».

Già adesso la semaglutide è usata per far perdere peso in pazienti affetti da diabete?«Esattamente, perché il legame tra obesità e diabete è strettissimo» puntualizza Tubili. «L’80-85% dei pazienti diabetici di tipo 2 presenta problemi di sovrappeso se non di obesità. La scelta della terapia del diabete secondo le attuali linee guida si deve basare su quello che viene chiamato il fenotipo, ovvero l’insieme delle caratteristiche fisiologiche e patologiche del paziente, e quindi sulle sue specifiche necessità. Quando oltre all’obiettivo primario di controllare la glicemia è particolarmente sentita l’esigenza di perdere peso, la scelta del diabetologo deve orientarsi su questa classe di farmaci, su semaglutide o comunque su un altro analogo del GLP-1».

Ci si può aspettare che anche in Italia venga approvata per il solo controllo di peso nei pazienti affetti da obesità? «Non passerà molto tempo perché avvenga» spiega Di Cianni. «Se poi saranno dispensati dal sistema sanitario, quello è un altro discorso. Si tenga conto che negli ultimi anni c’era carenza di farmaci contro l’obesità, perché poco efficaci o perché gli effetti collaterali superavano di gran lunga i benefici. L’obesità non è un problema estetico, ma una patologia che si accompagna a malattie del metabolismo come diabete, colesterolo alto, ipertensione, malattie del cuore, problemi osteoarticolari.

Gli interventi sanitari per combatterla sono ancora in una fase molto embrionale. Colpisce soprattutto i ceti sociali più poveri, famiglie che ricorrono a cibi ipercalorici a basso costo per saziarsi. Ed è il primo fattore di rischio per il diabete di tipo 2: si parla infatti di diabesità. Prevenire l’obesità vuol dire prevenire tutte le patologie correlate al sovrappeso.

La perdita di peso ottenuta è permanente? Quello che avviene al termine del trattamento rimane incerto. L’esperienza delle cure contro l’obesità, incluse quelle chirurgica, insegna che una delle maggiori sfide è prevenire il recupero del peso perso dai pazienti, aiutandoli a mantenere un corretto stile di vita e a controllare l’alimentazione.
«L’obesità è una malattia cronica multifattoriale – chiarisce Tubili – non bastano i farmaci, come non basta nessun altro tipo di terapia utilizzata, per esempio non basta la dieta da sola, non basta l’attività fisica da sola, non basta la chirurgia da sol: bisogna integrare questo approccio complesso caso per caso. Per cui anche se la semaglutide è molto efficace, se una persona non si muove e mangia male vanifica gli effetti: se una persona nel tempo si muove di meno e non fa la dieta, nel senso che segue meno le indicazioni, il fallimento è possibile».

È vero che il meccanismo spegni fame della semaglutide potrebbe essere usato anche contro le dipendenze? «Al momento attuale questo è stato verificato soltanto sugli animali da esperimento» chiarisce Tubili. «Nei ratti, l’assunzione di alcol, somministrato secondo particolari modelli sperimentali, è diminuita dopo l’assunzione di semaglutide, verosimilmente proprio per un effetto sui meccanismi edonici di ricompensa, visti la presenza di meccanismi biologici comuni fra la dipendenza dal cibo e e quella da farmaci e da alcol. Anche se al momento è prematuro affermarlo, queste segnalazioni sugli animali farebbero pensare in futuro anche un possibile effetto favorevole di semaglutide su patologie di dipendenza».

Quali sono gli effetti collaterali della semaglutide? «Gli effetti avversi sono limitati e tendono a ridursi nel tempo» dice Tubili. «La sensazione di sazietà può all’inizio della essere molto spiccata e spiacevole, e manifestarsi con senso di nausea, pesantezza epigastrica, in qualche caso anche con vomito. Il confine tra sensazione di sazietà e di pienezza spiacevole è soggettivo e dipende molto dalla soglia individuale. Questo effetto collaterale è piuttosto contenuto, interessando dal 4 al 10% dei pazienti, e in pochissimi casi porta alla sospensione della terapia.

La somministrazione di dosaggi gradualmente crescenti ne riduce l’incidenza».
«È l’uso improprio – aggiunge Di Cianni – che induce dimagrimento eccessivo in persone che non hanno bisogno di dimagrire, che provoca ricadute metaboliche negative: si riduce la massa magra, viene ad alterarsi la massa muscolare, e questo non fa bene all’organismo».

Questo sarebbe all’origine del lato oscuro di un uso improprio del farmaco, documentato soprattutto oltreoceano, dove è usato con meno restrizioni: «I dosaggi studiati nell’obesità sono più alti rispetto a quelli che abitualmente utilizziamo nella cura del diabete», conclude Tubili. «Raddoppiano o triplicano. Quando poi il farmaco viene prescritto in persone che possono avere un’aderenza relativa o una certa disinvoltura di prescrizione, possono esserci fenomeni di automedicazione che esaltano gli effetti collaterali. Però quando la prescrizione è fatta sotto controllo, sotto supervisione medica, questi effetti sono ben gestiti. Nei pazienti diabetici in sovrappeso si osserva che il controllo della glicemia e del peso corporeo si ottengono spesso anche con dosaggi più bassi rispetto a quelli utilizzabili nella pratica clinica».

Nel luglio 2023 l’EMA, l’agenzia europea per i medicinali ha annunciato che sono in corso di revisione dati sul potenziale rischio di pensieri suicidari e di autolesionismo associati con i medicinali della classe GLP-1, dopo che l’agenzia islandese per i medicinali ha segnalato tre casi di pazienti che ne avevano avuti in seguito all’assunzione di medicinali di questo tipo. Finora non è stata trovata alcuna relazione di causa-effetto tra queste cure e il rischio evidenziato, che potrebbe dipendere da altre condizioni sottostanti dei pazienti.

Vuoi rimanere aggiornato sulle nuove tecnologie per la Didattica e ricevere suggerimenti per attività da fare in classe?

Sei un docente?

soloscuola.it la prima piattaforma
No Profit gestita dai

Volontari Per la Didattica
per il mondo della Scuola. 

 

Tutti i servizi sono gratuiti. 

Associazione di Volontariato Koinokalo Aps

Ente del Terzo Settore iscritta dal 2014
Tutte le attività sono finanziate con il 5X1000