Qualità dell’aria in Europa: migliorata in 20 anni

L’aria che si respira oggi in Europa è più salubre di quella che si respirava vent’anni fa, ma ancora troppo satura di inquinanti per garantire il diritto alla salute dei cittadini. Lo sostiene uno studio spagnolo, che ha usato modelli di machine learning per elaborare stime giornaliere precise dell’inquinamento atmosferico nel continente europeo.

Notizie buone e meno buone. La ricerca, coordinata dal Barcelona Institute for Global Health (ISGlobal) e dal Barcelona Supercomputing Center, ha stimato le concentrazioni ambientali giornaliere di particolato atmosferico (PM2.5 e PM10), biossido di azoto (NO2) e ozono (O3) in 1.400 regioni di 35 Paesi europei, abitate in totale da 543 milioni di persone, dal 2003 al 2019.

In base ai risultati, pubblicati su Nature Communications, in questo arco di tempo i livelli di particolato atmosferico – in particolare di PM10 – e biossido di azoto sono diminuiti in gran parte d’Europa, con cali annuali del 2,72% per il PM10, del 2,45% per il NO2 e dell’1,72% per il PM2.5. Le concentrazioni di ozono invece sono aumentate dello 0,58% all’anno nel sud dell’Europa, portando i giorni di aria insalubre dovuti a questo inquinante a quadruplicare.

L’inquinante dei giorni di sole. L’ozono in cui parliamo è quello troposferico, che si forma negli strati più bassi dell’atmosfera e a livello del suolo per effetto di reazioni favorite dalla radiazione solare, in presenza di inquinanti precursori formati nei processi di combustione del trasporto e delle lavorazioni industriali. L’ozono troposferico è un gas irritante e molto tossico per l’uomo e la vegetazione. Proprio perché è un inquinante secondario, per eliminarlo bisogna lavorare su più fronti, sia riducendo le sostanze da cui deriva sia mitigando i cambiamenti climatici, che intensificano l’irradiazione solare e alzano le temperature, favorendo la sua formazione.

un quadro preciso. Il team ha utilizzato modelli di machine learning per raccogliere dati da più fonti (stime degli aerosol basati su rilevazioni satellitari, informazioni su clima, atmosfera e utilizzo del suolo nelle diverse regioni) e costruire una fotografia completa e in evoluzione della qualità dell’aria in Europa, che andasse al di là dei dati disomogenei registrati dalle stazioni di monitoraggio degli inquinanti atmosferici.

La maglia nera della Pianura Padana. Dalle analisi è emerso che nonostante i miglioramenti evidenziati, rispettivamente il 98,10%, l’80,15% e l’86,34% della popolazione europea continua a vivere in aree che eccedono i livelli annuali raccomandati dall’OMS come soglia da non superare per il PM2,5, il PM10 e l’NO2.

Durante il periodo considerato dallo studio, il nord Italia è risultato avere, insieme all’Europa orientale, i livelli più elevati di polveri sottili e di biossido di azoto, risultato fuori norma anche in alcune aree dell’Europa occidentale.

Inoltre, nessun Paese ha rispettato le soglie annuali per l’ozono nella stagione di picco per questo inquinante (il periodo caldo). Le riduzioni più significative di particolato sono state osservate nell’Europa centrale, quelle di biossido di azoto nelle aree urbane dell’Europa occidentale.

C’entra anche il clima. Inoltre, l’86,3% della popolazione europea ha sperimentato, nel periodo analizzato, almeno un giorno all’anno in cui si è raggiunta simultaneamente la soglia limite per due o più inquinanti – specialmente nelle combinazioni PM2.5 e NO2 o PM2.5 e O3. Il contributo dei giorni funestati da questo secondo mix è cresciuto, passando dal 4,43% del 2004 al 35,23% del 2019, soprattutto alle latitudini più basse e nella stagione calda.

C’è lo zampino della crisi climatica: temperature elevate favoriscono la formazione di ozono, che a sua volta accelera l’ossidazione dei composti organici nell’aria, processo che facilita la formazione di nuovo particolato. Inoltre, i cambiamenti climatici creano le condizioni ideali per il divampare di incendi che innalzano i livelli di polveri sottili e di ozono.

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L’alfabeto greco: origini, formazione e influenza

L’alfabeto greco costituisce una delle più significative innovazioni linguistiche della storia dell’umanità, avendo fornito un sistema di scrittura altamente strutturato e fonetico che ha avuto un impatto duraturo sulla cultura e sulla comunicazione.

La sua origine, risalente all’VIII secolo a.C., rappresenta un punto di svolta cruciale nella scrittura occidentale, non solo per la sua capacità di rappresentare con precisione la lingua parlata, ma anche per la sua influenza diretta sugli alfabeti successivi, in particolare il latino e il cirillico, che ne derivano in modo sostanziale.

All’interno di quest’articolo andremo ad approfondire quanto già riportato nei post precedenti che puoi trovare nella sezione del nostro blog intitolata La storia del greco, inaugurandone così una nuova: l’alfabeto greco.

Origine e sviluppo

L’alfabeto greco affonda le sue radici nell’alfabeto fenicio, una scrittura consonantica largamente utilizzata dai commercianti fenici per facilitare gli scambi nel Mediterraneo. Tuttavia, la grande innovazione introdotta dai Greci fu l’aggiunta delle vocali, un cambiamento rivoluzionario che trasformò radicalmente il modo di scrivere e leggere, aumentando la chiarezza e la precisione della rappresentazione linguistica. Questa modifica non solo permise una più efficace trasmissione del pensiero e delle idee, ma facilitò anche la nascita della letteratura scritta, contribuendo allo sviluppo delle opere filosofiche, poetiche e storiche dell’antichità.

Con il passare del tempo, l’alfabeto greco si articolò in diverse varianti regionali, tra cui l’alfabeto ionico, il dorico e l’epicorio. Ogni regione greca aveva la propria versione dell’alfabeto, con leggere differenze nelle lettere e nella loro pronuncia.

Tuttavia, nel 403 a.C., l’alfabeto ionico fu ufficialmente adottato ad Atene come standard per la scrittura greca. Questa decisione fu determinante per l’unificazione linguistica della Grecia, consolidando un sistema grafico che sarebbe stato utilizzato per secoli e che avrebbe influenzato profondamente gli alfabeti successivi.

Strutture e caratteristiche

L’alfabeto greco è composto da 24 lettere, di cui 7 sono vocali e 17 sono consonanti. Le vocali sono: Α, Ε, Η, Ι, Ο, Υ, Ω, mentre le consonanti comprendono tutte le altre lettere.

La distinzione tra vocali e consonanti ha reso l’alfabeto greco un sistema di scrittura altamente efficace per la rappresentazione della lingua parlata. Le lettere sono le seguenti:

MaiuscolaMinuscolaNomeTrascrizionePronunciaΑαἄλφα – alphaaaΒββῆτα – betabbΓγγάμμα – gammag, gn (seguita da γ, κ, χ)g gutturale o dura, gnΔδδέλτα – deltaddΕεἔψιλον – epsilonĕ (e breve)e (chiusa)Ζζζῆτα – zetazzΗηἦτα – etaē (e lunga)e (aperta)Θθθῆτα – thetaththΙιἰῶτα – iotaiiΚκκάππα – kappakkΛλλάμβδα – lambdallΜμμῦ – my*mmΝννῦ – ny*nnΞξξῖ – xixxΟοὂ μικρον – omikronŏ (o breve)o (chiusa)Πππῖ – pippΡρῥῶ – rhor, rh (iniziale di di parola)rΣσ/ςσίγμα -sigmassΤτταῦ – tauttΥυὖ ψιλόν – ypsilon*y*, u (nei dittonghi)ü, (u nei dittonghi)Φφφῖ – phiphfΧχχῖ – chichchΨψψῖ – psipspsΩωὦ μέγα – omegaō (o lunga)o (aperta)*Ricorda che dove incontri la lettera y nella pronuncia italiana, devi leggerla come se fosse una u allungata. Per rendere l’idea potresti anticipare alla u una i, emettendo un suono equivalente a iu.

Particolarità dell’alfabeto

Oltre le 24 lettere dell’alfabeto ionico, esistono alcuni segni extra alfabetici. In particolare si ricordano la Ἰώτα (jod = J), e la Δίγμα (digamma = Ϝ): due lettere che approfondiremo negli articoli venturi. Ti invito quindi a non perdertene neanche uno così da restare sempre informato.

Si ricordano anche il Κόππα (coppa = Ϙ), il Σαμπί (sampi = ϡ) e lo Στίγμα (stigma = Ϟ) che, invece, sono impiegati per l’indicazione dei numerali e precisamente:

Ϙ = 90;

ϡ = 900;

Ϟ = 6.

Influenza sull’Occidente

L’alfabeto greco ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura occidentale. Molte lettere greche sono state adottate in ambiti scientifici e matematici, come:

Alfa (α), Beta (β), Gamma (γ): utilizzate in fisica per indicare particelle e radiazioni.

Pi (π): fondamentale in matematica per rappresentare il rapporto tra circonferenza e diametro di un cerchio.

Delta (Δ): simbolo del cambiamento in discipline scientifiche.

Inoltre, il greco antico è la lingua in cui furono scritti alcuni dei testi fondamentali della filosofia, della medicina e della scienza, tra cui le opere di Platone, Aristotele ed Ippocrate.

Inoltre, continua ancora ad essere impiegato nei nomi di fraternità e associazioni universitarie, nella nomenclatura scientifica e nella simbologia matematica e fisica.

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