Stiamo mettendo il turbo a una corrente marina
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Che cosa trasporta più di 100 volte la quantità d’acqua di tutti i fiumi terrestri messi assieme, gioca un ruolo fondamentale nella stabilità dei ghiacci antartici e regola lo scambio di calore e CO2 tra oceani e atmosfera? La corrente circumpolare antartica (Antarctic Circumpolar Current, ACC) che, secondo un nuovo studio che ne ha ricostruito l’evoluzione, aumenterebbe in velocità all’aumentare delle temperature.
La ricerca, pubblicata su Nature, getta un’ombra sul futuro di questa fondamentale circolazione marina e dei ghiacci antartici, che saranno in misura ancora maggiore erosi dal basso se l’ACC continuerà a prendere potenza. Con gravi conseguenze – anche – sull’innalzamento del livello dei mari.
Trasportatrice d’acqua. La corrente circumpolare antartica è una corrente marina che avanza in senso orario attorno all’Antartide e connette gli oceani Atlantico, Pacifico e Indiano, di cui attraversa le parti meridionali. Larga circa 2.000 km, è la corrente che sposta la maggior massa d’acqua del Pianeta, ed è alimentata dai potenti venti occidentali della zona subantartica nonché dalle differenze di temperatura e salinità tra le acque subtropicali e quelle dell’Oceano meridionale. Negli ultimi decenni ha subito un’accelerazione, che gli scienziati non sono certi se attribuire al riscaldamento globale.
Se fa caldo va più veloce. La ricerca coordinata dai ricercatori dell’Alfred Wegener Institute (un istituto per la ricerca marina e polare tedesco) e del Lamont-Doherty Earth Observatory (ente statunitense specializzato in ricerche sul clima e sulla storia della Terra) ha usato i sedimenti marini estratti dai fondali del Sud Pacifico per ricostruire la velocità di flusso di questa corrente negli ultimi 5,3 milioni di anni. I risultati dimostrano che durante i periodi glaciali la corrente ha sempre rallentato, e durante quelli più caldi interglaciali ha accelerato.
Risposte in fondo al mare. Nel 2019 il gruppo di ricerca coordinato dalla scienziata Gisela Winckler si è avventurato nell’area centrale del Pacifico meridionale a bordo della nave da perforazione JOIDES Resolution e ha effettuato due carotaggi sul fondale a una profondità di 3.600 metri. La perforazione è avvenuta in prossimità del Punto Nemo, il più lontano possibile da qualsiasi terra emersa, dove la ACC fluisce senza essere influenzata da masse continentali.
Sassolini a confronto. Siccome a seconda della velocità della corrente, le particelle di sedimenti si depositano in modo diverso sul fondale, analizzando i campioni lunghi 145 e 213 metri prelevati dal fondale è stato possibile ricostruire i cambiamenti di velocità della ACC nel corso del tempo, da 5,3 milioni di anni (l’età dei sedimenti più antichi) ad oggi.
Infatti nei periodi in cui la corrente è più lenta tendono a depositarsi sedimenti più fini, in quelli in cui è più rapida, sedimenti di maggiori dimensioni.
Ghiacci precari. Rispetto alla velocità di flusso media degli ultimi 12.000 anni (il periodo dall’ultima era glaciale in cui si è sviluppata la civiltà umana), la velocità della ACC si è dimezzata nei periodi più freddi ed è quasi raddoppiata in quelli caldi. Usando studi precedenti sulla calotta glaciale dell’Antartide occidentale, gli scienziati si sono accorti che le fasi di grande accelerazione della corrente sono risultate correlate a periodi di ritiro dei ghiacci.
Oggi la maggior parte della calotta glaciale dell’Antartide occidentale poggia su un letto che si trova al di sotto del livello del mare ed è suscettibile all’invasione delle calde acque oceaniche, che esercitano sui ghiacci un potere di fusione assai più elevato rispetto alle alte temperature atmosferiche. «Se si lascia un cubetto di ghiaccio all’aria ci metterà un po’ a sciogliersi – chiarisce Winckler – ma se lo si mette a contatto con l’acqua calda fonde rapidamente». Se la calotta occidentale si sciogliesse completamente a causa del riscaldamento delle acque oceaniche, potrebbe innalzare il livello globale dei mari di 57 metri.
Un trend preoccupante. In conclusione, dicono i ricercatori, anche le prove geologiche confermano che le emissioni di CO2 dovute alle attività umane stanno riscaldando le temperature oceaniche e potrebbero intensificare la ACC. E visto che gli oceani assorbono fino al 90% del calore in eccesso in atmosfera intrappolato dai gas serra di origine antropica, tutto ciò rischia di accelerare la fusione dei ghiacci antartici.
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