Sostituire la carne rossa con le sardine potrebbe salvare 750mila vite all’anno

Sardine, acciughe e aringhe sono una risorsa abbondante, assolutamente salutare e a basso impatto ambientale. Nonostante siano pescate commercialmente in tutto il mondo, solo una frazione del pescato globale oggi viene destinata al consumo umano. Ed è un peccato, perché secondo una nuova ricerca pubblicata su BMJ Global Health, rimpiazzando la carne rossa con pesci foraggio – termine con cui vengono identificate tutte le specie marine piccole e abbondanti, che si muovono in banchi e si trovano alla base della catena alimentare – nel mondo si potrebbero salvare fino a 750mila vite ogni anno, prevenendo l’insorgenza di patologie legate alle abitudini alimentari, come le coronaropatie.

I pesci foraggio (un termine assimilabile in qualche modo a quelli che noi italiani definiamo pesci azzurri) sono specie di piccole dimensioni di cui si cibano quasi tutti i pesci di dimensioni maggiori, ma anche uccelli marini e mammiferi. Sono presenti negli oceani di tutto il

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Più acciughe e sardine, meno carne rossa

Rimpiazzare parte della carne rossa che mangiamo con i pesci alla base della catena alimentare marina come acciughe, sardine e aringhe, porterebbe a salvare 750.000 vite all’anno nel 2050.
Il cambio di alimentazione farebbe guadagnare anni di vita perché migliorerebbe la salute cardiovascolare, specialmente delle popolazioni dei Paesi a medio e basso reddito. Bisognerebbe soltanto imparare a usare meglio una risorsa già presente in abbondanza nei mari e specialmente lungo le coste di molti Paesi in via di sviluppo – come afferma uno studio pubblicato sul BMJ Global Health.

Un lusso poco salutare. Il consumo di carne rossa e processata è associato a un rischio aumentato di malattie non trasmissibili, cioè di patologie croniche e a lungo decorso che derivano da una combinazione di fattori genetici, fisiologici, ambientali e comportamentali come cancro, diabete, problemi cardiovascolari. A questa categoria di malattie si deve circa il 70% dei decessi globali, e le patologie coronariche, gli ictus, il diabete e i tumori dell’intestino – tutte condizioni legate a un’alimentazione poco salutare – sono alla base del 44% di queste morti.

Un’opportunità nei mari. I cosiddetti pesci foraggio come acciughe, sardine e aringhe, chiamati così perché vengono predati da pesci più grandi, sono ricchi di omega 3, i grassi polinsaturi che contribuiscono al mantenimento di livelli normali di colesterolo nel sangue e al buon funzionamento del cuore. Oltretutto, questa fonte proteica ha anche il più basso impatto in termini di emissioni di CO2 rispetto a tutte le altre proteine animali.

Tuttavia, tre quarti di questi pesci, inclusa buona parte del pescato delle acque limitrofe a Paesi affetti da malnutrizione, finiscono nella produzione di farina di pesce e olio di pesce, che vengono utilizzati negli allevamenti di pesci di acquacoltura destinati ai Paesi industrializzati.

Una diversa destinazione. Un gruppo di scienziati guidati da Shujuan Xia, del National Institute for Environmental Studies di Tsukuba, Giappone, ha incrociato le proiezioni sul consumo di carne rossa nel 2050 in 137 Paesi con quelli sulla pesca di pesci foraggio in vari habitat marini. Trovando che, se queste risorse venissero usate per aumentare il consumo giornaliero di pesce pro-capite nei Paesi dove questa necessità non viene ovviata, portandosi vicino al livello raccomandato di 40 kcal, allora si riuscirebbero a prevenire da mezzo milione a 750.000 decessi per malattie legate a una cattiva alimentazione, e in particolare per malattie coronariche.

Almeno proviamoci! Questa rivoluzione alimentare porterebbe a evitare complessivamente, da 8 a 15 milioni di anni vissuti con una disabilità cronica, la maggior parte dei quali sono oggi concentrati nei Paesi a medio e basso reddito.

I ricercatori sono consapevoli che le riserve comunque limitate di questi pesci, che sono anche molto economici, non basterebbero a sostituire del tutto la carne rossa. Ciò nonostante, nello scenario ipotizzato, i benefici basterebbero a ridurre del 2% le morti globali per malattie coronariche, ictus, diabete e tumori dell’intestino.

Gli ostacoli sul piatto. Il percorso non sarebbe privo di sfide, prime tra tutte, le barriere geografiche che tengono lontani Paesi come Mongolia, Turkmenistan, e diversi Stati africani dal mare. In questo caso occorrerebbe intensificare il commercio globale di pesci foraggio, per farli arrivare dove più c’è bisogno.
Resta chiaro, poi, che nonostante il potenziale di questo alimento per la salute, rimarrebbero da superare enormi ostacoli economici, come l’overfishing, lo sviluppo della lavorazione del pesce per farne alimenti per animali, il cambiamento climatico, che assottiglia le riserve ittiche; e culturali, come l’accettazione di una fonte proteica primaria diversa dalla carne.

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