Questo orango si è automedicato una ferita

Un orango di Sumatra (Pongo abelii) in una riserva naturale dell’Indonesia è stato visto mentre si spalmava su una ferita aperta una poltiglia ottenuta da una pianta nota alle popolazioni locali per le sue virtù curative, in un comportamento deliberato che sembra aver accelerato la guarigione.

Anche se l’automedicazione è piuttosto diffusa nel mondo animale, questa è la prima prova scientifica diretta di una specie diversa dall’uomo che si cura intenzionalmente un taglio usando una pianta. La scoperta è stata descritta su Scientific Reports.

Una vecchia conoscenza. Il fatto è avvenuto sotto gli occhi di un gruppo di primatologi guidato da Caroline Schuppli, del Max Planck Institute of Animal Behavior di Costanza, in Germania, nel Parco Nazionale di Gunung Leuser, una vasta area protetta nella parte settentrionale di Sumatra, Indonesia. Nel parco si trovano migliaia di specie vegetali, centinaia di specie di uccelli e anche alcuni grandi mammiferi in via di estinzione, tra i quali, appunto, gli oranghi.

Il team conosceva Rakus, un orango maschio, dal 2009, anno in cui l’esemplare si era trasferito nella riserva (Rakus significa “avido” in lingua indonesiana, in riferimento all’appetito insaziabile del primate per i fiori). Nel giugno 2022, in seguito a lotte con altri maschi per il territorio, Rakus ha riportato una vistosa ferita su una guancia, inferta forse dai canini di un rivale.


L’evoluzione della ferita sul volto di Rakus, l’orango di Sumatra che si è curato sfruttando una pianta che cresce nella giungla.
© Laumer et al., (Scientific Reports)

Terapia d’urto. Il giorno successivo all’infortunio, l’orango è stato visto masticare lo stelo e le foglie di una pianta dal sapore amaro che di norma non consuma, un rampicante sempreverde chiamato akar kuning in indonesiano e dal nome scientifico di Fibraurea tinctoria. Le popolazioni di Sumatra usano questa pianta per le sue proprietà antinfiammatorie e antibatteriche, e la impiegano contro diabete, dissenteria, malaria e altre condizioni.

Rakus ne ha mangiata un po’ e, dopo 13 minuti, ha smesso di ingoiare e spalmato la poltiglia che stava masticando direttamente sulla ferita e su nessuna altra parte del corpo, massaggiando il taglio con l’estratto della pianta per 7 minuti. Il giorno seguente ha mangiato ancora un po’ di foglie della pianta.

Un innovatore? Dopo 8 giorni, la ferita si era completamente richiusa, una guarigione definita dagli scienziati “molto rapida” e accelerata dal trattamento. In 21 anni di lavoro nel parco indonesiano, i primatologi non avevano mai osservato nessun altro orango praticare questa forma di automedicazione. Rakus potrebbe aver appreso il comportamento altrove, prima di trasferirsi nella riserva.

Nessun altro animale era mai stato visto usare le piante come una “pomata” e applicarle intenzionalmente, più volte, su una ferita aperta.

Tuttavia non è chiaro se questo è un comportamento che Rakus metterebbe di nuovo in atto, o se altri esemplari del suo gruppo lo conoscano e lo sappiano riprodurre a loro volta.

Scambio reciproco. Altre grandi scimmie praticano forme diverse di automedicazione. Per esempio gorilla, scimpanzé e bonobo ingoiano foglie intere di piante del genere Aspilia per sbarazzarsi dei parassiti intestinali. E nel 2022 un gruppo di scimpanzé del Gabon è stato osservato strofinarsi le ferite con alcuni insetti, in una forma di “primo soccorso”.

Nel caso di Rakus, è interessante che la pianta scelta sia conosciuta anche dall’uomo: «Questo mostra che oranghi e umani condividono forme di conoscenza» spiega Schuppli. «Siccome si spartiscono anche l’habitat direi che è quasi ovvio, ma allo stesso tempo è una cosa intrigante da realizzare». In certi casi, in passato, i nostri antenati potrebbero aver imparato le proprietà medicinali di alcune piante osservando l’uso che ne facevano i primati o altri animali.

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Una vecchia conoscenza. Il fatto è avvenuto sotto gli occhi di un gruppo di primatologi guidato da Caroline Schuppli, del Max Planck Institute of Animal Behavior di Costanza, in Germania, nel Parco Nazionale di Gunung Leuser, una vasta area protetta nella parte settentrionale di Sumatra, Indonesia. Nel parco si trovano migliaia di specie vegetali, centinaia di specie di uccelli e anche alcuni grandi mammiferi in via di estinzione, tra i quali, appunto, gli oranghi.

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© Laumer et al., (Scientific Reports)

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Rakus ne ha mangiata un po’ e, dopo 13 minuti, ha smesso di ingoiare e spalmato la poltiglia che stava masticando direttamente sulla ferita e su nessuna altra parte del corpo, massaggiando il taglio con l’estratto della pianta per 7 minuti. Il giorno seguente ha mangiato ancora un po’ di foglie della pianta.

Un innovatore? Dopo 8 giorni, la ferita si era completamente richiusa, una guarigione definita dagli scienziati “molto rapida” e accelerata dal trattamento. In 21 anni di lavoro nel parco indonesiano, i primatologi non avevano mai osservato nessun altro orango praticare questa forma di automedicazione. Rakus potrebbe aver appreso il comportamento altrove, prima di trasferirsi nella riserva.

Nessun altro animale era mai stato visto usare le piante come una “pomata” e applicarle intenzionalmente, più volte, su una ferita aperta.

Tuttavia non è chiaro se questo è un comportamento che Rakus metterebbe di nuovo in atto, o se altri esemplari del suo gruppo lo conoscano e lo sappiano riprodurre a loro volta.

Scambio reciproco. Altre grandi scimmie praticano forme diverse di automedicazione. Per esempio gorilla, scimpanzé e bonobo ingoiano foglie intere di piante del genere Aspilia per sbarazzarsi dei parassiti intestinali. E nel 2022 un gruppo di scimpanzé del Gabon è stato osservato strofinarsi le ferite con alcuni insetti, in una forma di “primo soccorso”.

Nel caso di Rakus, è interessante che la pianta scelta sia conosciuta anche dall’uomo: «Questo mostra che oranghi e umani condividono forme di conoscenza» spiega Schuppli. «Siccome si spartiscono anche l’habitat direi che è quasi ovvio, ma allo stesso tempo è una cosa intrigante da realizzare». In certi casi, in passato, i nostri antenati potrebbero aver imparato le proprietà medicinali di alcune piante osservando l’uso che ne facevano i primati o altri animali.

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