Che cosa comporta il rinvio del lancio della capsula Starliner verso la Iss

Doveva portare due astronauti sulla Stazione spaziale. Ma la sfortuna sembra essere persistente intorno al programma di Boeing: è circa quattro anni in ritardo rispetto a quello di SpaceX, anch’esso finanziato dalla Nasa dopo il pensionamento dello Space Shuttle nel 2012

La capsula Starliner di Boeing, il 7 maggio alle 04:34 italiane, avrebbe dovuto essere lanciata verso la Stazione Spaziale Internazionale. Si trattava della prima volta, dopo oltre 12 anni di sviluppo, che degli astronauti avrebbero raggiunto l’orbita con questo mezzo. Purtroppo non è andata così e lo storico lancio è stato rimandato, ma questa volta per un problema al razzo e non alla capsula Starliner

Circa due ore prima della partenza, quando i due astronauti Barry Wilmore e Sunita Williams erano appena entrati dentro la capsula Starliner, una misura imprevista di un parametro del secondo stadio del razzo ha comportato uno scrub del lancio, cioè uno stop immediato di tutte le operazioni e un rinvio a data da destinarsi

Questa missione della Starliner è denominata CFT (Crew Flight Test) ed è proprio l’ultimo test prima della entrata in servizio della capsula. I due astronauti avrebbero raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale dopo circa un giorno di volo nello spazio, per poi rimanerci a bordo sette giorni. Questo viaggio serve a confermare che Starliner funziona come dovrebbe e che, a partire dal prossimo anno, potrà alternarsi con la Dragon per raggiungere la Iss. 

  

Gli astronauti del Boeing Crew Flight Test della Nasa Suni Williams e Butch Wilmore il 6 maggio 2024 (Frank Micheaux/NASA via AP) 

     

Dopo una conferenza stampa tenuta di tutta fretta verso le 10 di sera locali del 6 maggio (verso le 4 di notte italiane del 7 maggio), Ula (United Launch Alliance) la società che gestisce il razzo, ha annunciato che il lancio non sarà tentato prima del 10 maggio (il che non vuol dire che sarà proprio il 10 maggio). Il motivo dell’annullamento del lancio è stato il rilevamento di un problema a una valvola del serbatoio di ossigeno liquido del secondo stadio. Questo stadio, chiamato Centaur sul razzo in questione, è alimentato da ossigeno e idrogeno liquidi, che insieme formano il propellente dello stadio. 

Tory Bruno, ceo di Ula, ha spiegato che se a bordo ci fosse stato un satellite, avrebbero risolto in poco tempo il problema, e poi proceduto al lancio. In questo caso però, ha detto sempre Bruno, modificare lo status della valvola in questione avrebbe modificato anche lo status del razzo, una operazione che avrebbe violato le stringenti normative di sicurezza previste per i voli con astronauti. 

Sunita Williams, poco prima del lancio, aveva già detto che uno scrub non sarebbe stato una grossa sorpresa, anzi, avrebbe alleviato la tensione al tentativo sucessivo. 

  

La capsula Starliner di Boeing in cima al razzo Atlas V allo Space Launch Complex 41 a Cape Canaveral, Florida (Foto AP/Terry Renna) 

   

L’Atlas V è attualmente l’unico razzo operativo con diverse decine di voli effettuati, ad avere il 100 per cento di lanci riusciti. L’affidabilità di questo razzo non è quindi messa in dubbio, ma finora non è mai stato utilizzato per portare nello spazio astronauti.

La sfortuna però sembra essere persistente e diffusa intorno al programma Starliner, che attualmente è circa quattro anni in ritardo rispetto a quello della Dragon di SpaceX. 

Il paragone è dovuto, dato che entrambe le capsule sono state finanziate dalla Nasa all’interno del Commercial Crew Program nel 2012, un programma che aveva l’obiettivo di affidare il trasporto di astronauti americani ad aziende americane, dopo il pensionamento dello Space Shuttle nel 2012. Le due capsule dovevano diventare operative per il 2018, ma le cose non sono andate come previsto. La Dragon funziona regolarmente dal 2020, mentre il primo volo operativo di Boeign è previsto per inizio 2025. Certo, dipenderà dal lancio in questione, che dovrà essere effettuato senza problemi verso la Iss.

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