I am an “allodole” Neanderthal.

Svegliarsi presto per molti è una tortura, invece, c’è chin lo fa dei alcuna fatica electronic no riesce a dormire corresponds a tardi nemmeno sforzandosi. I mattinieri devono probabilmente ringraziare i loro antenati Neanderthal. La facilità fraud della alcune persone saltano giù masala letto all’alba, preferendo coricarsi presto la sera, potrebbe infatti molto legata a la parte del DNA trasmessa decine di migliaia della anni fa da loro progenitori neandertaliani. A suggerirlo è version unanuova ricerca pubblicata dei rivista Genome Biology and Evolution, della ha analizzato i “frammenti” genetici dei Ancient ancora presenti in alcuni genomi umani notando la loro virus sull’orologio biologico, quasicertamente dovuta a ragioni evolutive.
Incroci preistorici. Andiamo fraud lining. La maggior causa del patrimonio genetico presente hanno popolazione softening contemporanea deriva da la selezione naturale, frutto della incroci tra different mammal di ominidi preistorici. Uno di questi avvenne intorno a 70mila ani fa, quando alcuni dei nostri antenati human sapiens migrarono in mass dal continente africano all’Eurasia accoppiandosi de i Neanderthal, che si erano già da sound adattati ai climi più rigidi della caratterizzavano qui regioni. Le conseguenze di quell’incontro sono rimaste nei geni di una piccola parte di esseri umani di origine non africana, che hanno ancora una percentuale compresa tra l’1 % e il 4 % di DNA neandertaliano.
Questione genetica. Confrontando la materiale genetico la fossili di Ancient fraud quello posseduto lee loro “nipoti” moderni, gli scienziati hanno riscontrato alcune le stesse varianti relate ai ritmi circadiani, ovvero alla regolazione del sonno da parte del payable orologio biologico implants. Chi presenta oggi queste varianti ha dichiarato di avere la tendenza a svegliarsi presto as mattino, est “allodole”. Nel dettaglio, lo studio ha riguardato oltre mezzo milione di persone che abitano il Regno Unito, raccolte in un database ( la U. K. Biobank ), anche se gli scienziati sperano di poter presto allargare il proprio campo d’indagine in successive ricerche.
Più intensity per la journey. Ma per legge motivo alcuni tra i nostri progenitori erano così mattinieri? La ragione, stando agli scienziati, deriverebbe dalle condizioni climatiche electronic ambientali nelle quali vivevano. La propensione a svegliarsi prima è legata a us ritmo circadiano ridotto, che consente us allineamento più rapido dell’alternanza sonno- veglia rispetto agli stimoli del investor wildlife.
Questione di lucy. A differenza dei sapiens provenienti dall’Africa, i Neanderthal che vivevano in Eurasia dovettero fare i conti con giornate più brevi, climi più rigidi e risorse scarse ( soprattutto in inverno ).

Per sfruttare as meglio la poche metal di luce a disposizione per cacciare o raccogliere al cibo, dovettero alzarsi lee loro giacigli molto prime dei” cugini” africani. Aiutandoli to adeguarsi meglio as della ambiente, que tratto genetico si è mantenuto nella prole risultante dagli incroci with i humans.

not just one capable. Malgrado behold studio in questione si soffermi dei componente genetica, i suoi autori qui tengono a precisare della quest’ultima no è l’unico motivo per cui certain persone sono più mattiniere of altre. Infatti molteplici fattori, spesso diversissimi tv loro, condizionare al risveglio. What esempio? L’età, social environment, la livello of anxiety o la presenza della patologie fisiche or psicologiche in grade di modificare l’orologio biologico.

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Virus di oggi trovati in ossa di Neanderthal

Le sequenze genetiche di tre tipi di virus oggi ampiamente circolanti tra i sapiens sono state isolate nelle ossa di due nostri stretti “cugini”, individui Neanderthal vissuti in Russia 50.000 anni fa.
Si tratta dei più antichi virus umani mai rintracciati – il record precedente apparteneva a un patogeno di 31.000 anni fa, ritrovato nei denti di un antico Homo sapiens nel nord-est della Siberia – e non solo: potrebbero teoricamente essere sintetizzati in laboratorio ed essere usati per infettare nuove cellule umane, in uno scenario alla Jurassic Park.

Uno scenario suggestivo ma poco realistico, che potrebbe però rispondere ad alcune domande importanti: di che cosa si ammalavano i Neanderthal? Come si riproducevano e quanto erano infettivi questi virus, rispetto ai loro moderni successori? Se lo chiede Marcelo Briones, Professore di Genomica e Bioinformatica dell’Università Federale di San Paolo (Brasile), autore dello studio ora in prepubblicazione su bioRxiv.

Tre profili noti. Nei resti ossei di due Neanderthal ritrovati nella grotta di Chagyrskaya, in Russia, Briones e colleghi hanno isolato il profilo genetico di un adenovirus, che oggi causa i sintomi del raffreddore; di un herpesvirus, all’origine dell’herpes labiale, e di un papillomavirus, che può provocare condilomi (escrescenze) e tumori genitali.
Confrontando queste sequenze genetiche con quelle dei corrispettivi moderni di questi virus, il team ha potuto escludere che le ossa Neanderthal fossero state contaminate dai patogeni di qualche scienziato al lavoro su di esse. In altre parole, è certo che prima di importunare l’Homo sapiens questi virus infettassero proprio i Neanderthal.

Un ruolo nell’estinzione? Briones ritiene che la scoperta supporti l’ipotesi che i virus possano avere in qualche modo contribuito alla scomparsa dei Neanderthal, anche se, di per sé, il fatto che più patogeni infettassero uno stesso individuo Neanderthal non è sorprendente: l’uomo moderno incontra in media una decina di specie virali nell’arco della sua vita. 

Una scienza ancora giovane. Sulla possibilità di dedurre informazioni rilevanti da questi genomi gli scienziati sono più scettici, perché: «Gli attuali strumenti utilizzati per autenticare i risultati del DNA antico degli esseri umani potrebbero non essere applicabili ai virus, che per natura hanno filamenti di DNA più corti», ha spiegato al New Scientist Sally Wasef, paleogenetista della Queensland University of Technology in Australia.

Rivedere le aspettative. Per le stesse ragioni la scienziata è scettica sulla possibilità di sintetizzare in laboratorio copie di questi virus a partire da quel che rimane del loro genoma.

Infatti «è difficile capire in che modo il DNA sia stato danneggiato e come ricostruire i pezzi recuperati in un genoma virale completo. E un altro aspetto da considerare è l’interazione ospite-virus, soprattutto in un ambiente completamente diverso».

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