I ritmi mutano per il riscaldamento globale

Il febbraio appena passato è stato il più caldo da quando le temperature vengono registrate, come hanno confermato i dati del Servizio per i Cambiamenti Climatici Copernicus. La temperatura media globale in superficie è stata di 13,54 °C, ovvero 0,81 °C sopra la media di febbraio del periodo 1991-2020 e 1,77 °C sopra la temperatura media di febbraio nel periodo 1850-1900. Del resto, a partire dal  giugno 2023 ogni mese ha stabilito il record di temperatura per quel mese.

Proviamo a immaginare. Così l’inverno appena trascorso (dicembre, gennaio, febbraio) è stato finora il più caldo. E, con l’aumento delle temperature, sta mutando anche il ciclo annuale delle stagioni che conosciamo. Secondo le previsioni, l’inverno si avvia a essere meno freddo e più breve, l’estate torrida e lunga. E la primavera anticipata: nel numero 378 di Focus immaginiamo persino come cambierebbe la natura e la nostra vita se la primavera sparisse del tutto. 

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La copertina Focus n.378 (aprile 2024) in edicola dal 20 marzo.
© Focus

Di certo, la natura sta cambiando i propri tempi. Una delle ricerche che evidenziano il fenomeno in corso è quella condotta da anni da Richard Primack, biologo della Boston University (Usa), nella zona di Concord (Massachusetts), nel Nord-est degli Stati Uniti. Qui, a metà 800, il filosofo e ambientalista Henry David Thoreau annotò, durante le sue passeggiate nella zona di Concord e in particolare attorno al lago Walden, una serie di osservazioni sui tempi di fioritura, sulla comparsa delle foglie e sull’arrivo degli uccelli migratori in primavera.

Dati a confronto. Primack e colleghi hanno messo a confronto i dati di Thoreau con quelli raccolti da loro negli ultimi 20 anni, verificando che foglie e fiori stanno anticipando i tempi. «Alberi come querce e aceri mettono le foglie due settimane prima. L’anticipo è più marcato nelle primavere più calde, meno in quelle più fredde», ci racconta Richard Primack. I botanici hanno visto che a Concord la comparsa delle foglie avviene 5 giorni prima per ogni grado di aumento della temperatura in marzo e aprile, e dato che la temperatura si è alzata di circa 3 °C in questa zona del Nordamerica negli ultimi 160 anni le foglie spuntano circa due settimane prima.

E sono in anticipo anche le fioriture: Henry David Thoreau osservò nel 1853 che i fiori del mirtillo gigante americano si erano aperti l’11 maggio, per esempio, mentre oggi la fioritura è anticipata di tre settimane.


Nel numero di Focus attualmente in edicola c’è (anche) l’articolo Se sparisse la primavera...: animali e piante nelle nostre zone sono adattati alla rinascita dopo il gelo invernale. Ma cosa succederebbe se i cambiamenti attuali facessero sparire questa alternanza?

Rischi e benefici. Con che conseguenze? «Avere foglie e fiori prima può essere un beneficio per la pianta, perché permette di avere una più lunga stagione per la crescita.

Tuttavia, questo anticipo può rendere le piante più vulnerabili alle gelate tardive, che possono uccidere le giovani foglie e i fiori, danneggiando la pianta», spiega Primack.

Lo studioso nota che per esempio alcuni alberi del Nordamerica orientale, dove il rischio di gelate primaverili è più alto, sono più “cauti” e si sono evoluti per mettere le foglie alcune settimane più tardi di alberi analoghi dell’Europa. «Una primavera anticipata inoltre può aumentare la possibilità di avere ondate di calore in estate. Quindi tutto sommato una primavera più calda e precoce può non essere un grande vantaggio per la maggior parte delle piante e di sicuro c’è incertezza su cosa porteranno questi cambiamenti», continua Primack. Sottolineando che nella sua zona, Boston, «in caso di condizioni drammaticamente più calde alcune piante potrebbero non sopravvivere, per una combinazione di temperature alte e più attacchi di insetti e malattie». Alcune specie potrebbero diventare meno abbondanti, rimpiazzate da altre native di zone più meridionali. 

Qualcuno sì, qualcuno no. Tuttavia, non tutti i viventi stanno anticipando i loro ritmi, e questo rischia di far perdere la precisa sincronia primaverile tra le specie di questo habitat. «Mentre fiori e foglie hanno hanno avuto una risposta netta all’aumento di temperatura, non è stato così per l’arrivo degli uccelli migratori. E questo può portare a una perdita della sincronia nei tempi», dice Primack. Nel grafico sotto, realizzato da Richard Primack e Amanda S. Gallinat del Colby College, si vede  come la fioritura e lo spuntare delle foglie nella zona di Concord abbiano un anticipo con la temperatura, mentre il cambiamento nell’arrivo degli uccelli migratori è molto meno netto. 


La comparazione tra i dati del filosofo e ambientalista Henry David Thoreau con le rilevazioni degli scienziati negli ultimi anni, nell’area di Concord (Usa), mostra che la prima comparsa di fiori selvatici (linea rossa) e foglie (linea verde) è anticipata, rispondendo in modo molto netto all’aumento della temperatura; sull’asse delle ordinate sono indicate le date, in aprile e maggio, sull’asse delle ascisse la temperatura media primaverile. Anche il primo arrivo degli uccelli (linea azzurra) ha un anticipo in risposta alla temperatura, ma molto meno marcato. Il grafico è stato realizzato da Richard Primack della Boston University e Amanda S. Gallinat del Colby College e ripubblicato con la loro autorizzazione da American Scientist, 2016.
© Richard Primack della Boston University e Amanda S. Gallinat del Colby College

Migratori in “ritardo”. «Gli uccelli mostrano una risposta più debole al riscaldamento. Ci sono migratori che arrivano alcuni giorni prima e altri che arrivano alcuni giorni dopo», continua Primack. Come si vede nella figura sotto, realizzata sempre da Richard Primack e Amanda S. Gallinat, alcune specie hanno anticipato il loro ritorno, come il vireo canoro (di 9 giorni) o l’ittero di Baltimora (2 giorni). Altre invece ritardano il loro arrivo rispetto alla metà dell’800, come la rondine (9 giorni) o il tordo acquaiolo fornaio (8 giorni).

Nella norma però l’arrivo degli uccelli in primavera non è molto cambiato. E c’è una differenza tra le specie: quelle che hanno anticipato il loro arrivo migrano da zone piuttosto vicine.

Invece le specie che arrivano da grandi distanze – come il Piuì boschereccio orientale che passa l’inverno in Bolivia, in Sudamerica, ed è arrivato in Massachusetts più o meno nello stesso periodo nell’ultimo secolo  – possono non essere in grado di adattare la loro migrazione basandosi sulla temperatura locale in Nordamerica. Il rischio di questo sfasamento è una perdita di sincronia tra piante e animali adattati a questo habitat: gli uccelli possono non arrivare abbastanza presto per approfittare del picco nell’abbondanza di bruchi e altri insetti, che si nutrono delle foglie appena spuntate. 


Le frecce indicano i cambiamenti nella comparsa di fiori e foglie (in alto) e nell’arrivo degli uccelli  migratori, da maggio ad aprile, secondo le osservazioni fatte da Henry David Thoreau a Concord e le analisi di oggi. Tra le piante, dall’alto, Houstonia (piante dai piccoli fiori blu), acero rosso, mirtillo gigante americano, quercia bianca. Tra gli uccelli, dall’alto, parula gialla, vireo canoro, ittero di Baltimora, rondine, topino, tordo dei boschi, tordo acquaiolo fornaio. Fiori selvatici e alberi hanno anticipato il risveglio primaverile di un paio di settimane, mentre gli uccelli mostrano una risposta minore, alcuni arrivano pochi giorni prima e altri qualche giorno dopo.  Il grafico è stato realizzato da Richard Primack della Boston University e Amanda S. Gallinat del Colby College e ripubblicato con la loro autorizzazione da Living Bird, 2023.
© Richard Primack della Boston University e Amanda S. Gallinat del Colby College

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