Dio e Freud, mistero e dolore al meeting di Rimini
Rimini, dal nostro inviato. “Il male è il motore del progresso”, dice subito il drammaturgo, scrittore, saggista, traduttore, regista e sceneggiatore francese Éric-Emmanuel Schmitt, lasciando da parte i discorsi ad alto contenuto di melassa sull’uomo votato alla ricerca del bene, sempre e comunque. A Rimini, moderati da Alessandro Banfi, Schmitt e Daniele Mencarelli (dal suo Tutto chiede salvezza è stata tratta una serie tv, presto su Netflix) hanno discusso della questione fondamentale e cioè l’irriducibilità dell’uomo anche – e soprattutto – quando si trova immerso in situazioni disperate. Le vive e ne fa esperienza. E’ vero, la letteratura ci racconta l’invincibile domanda di bene, ma “nulla è nuovo, l’uomo non è più morale di Platone, Aristotele, Kant. L’uomo nostro contemporaneo – sentenzia il drammaturgo francese – non progredisce”. Dopotutto, aggiunge, “occorrono conflitti mondiali per creare le società delle nazioni, servono le pandemie per dare vita all’Oms. Gli uomini non vogliono il bene, vogliono semplicemente evitare il meno peggio”. Pessimismo cosmico? Tutt’altro: Schmitt si definisce “ottimista tragico”, perché “si progredisce sì, ma a far progredire è il male”.
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