Vulcani, Vesuvio e Campi flegrei: uno studio calcola le probabilità di eruzione

Produrre una valutazione comparabile delle probabilità di eruzione e della pericolosità sul territorio tra i tre vulcani napoletani – Vesuvio, la zona di Ischia e Campi flegrei – è possibile grazie ad un nuovo modello statistico che, studiando l’alternanza dei periodi di alta e bassa attività eruttiva, permette di confrontare sistemi vulcanici anche molto diversi tra loro, migliorando la comprensione del loro comportamento.

È questo il risultato dello studio “a Simple two-state model interprets temporal modulations in eruptive activity and enhances multivolcano hazard quantification” realizzato da un team internazionale di ricercatori dell’istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), dell’università degli studi di Bari Aldo Moro e del British geological survey (bgs) di edimburgo (uk). Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Science advances, ha analizzato i tre vulcani attivi dell’area napoletana.

“Studiando i dati geologici e le cronache storiche di questi tre vulcani, così sensibilmente diversi tra loro, siamo riusciti a …..

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Più probabile un’eruzione dei Campi Flegrei?

Parte delle rocce dei Campi Flegrei hanno raggiunto una deformazione tale da essere più vicine alla rottura. Uno studio sull’area vulcanica della Campania condotto dall’University College London e dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha usato un modello sulla fisica di come si fratturano le rocce per interpretare i recenti terremoti e il sollevamento del suolo dei Campi Flegrei.

La conclusione degli scienziati argomentata su Communications Earth & Environment è che l’accumulo di deformazione in alcune parti del vulcano ha reso le rocce più fragili (cioè meno elastiche) e più inclini a rompersi.

Questa situazione potrebbe portare alla formazione di fratture che dalla zona profonda della caldera arrivano in superficie, e creare quindi condizioni più favorevoli a un’eruzione. È la prima volta che questo tipo di modello viene applicato su un vulcano in tempo reale.

Un vulcano… orizzontale. L’area indicata come Campi Flegrei è una depressione di circa 12 km di diametro punteggiata di crateri vulcanici che si estende dalla collina di Posillipo a Monte di Procida, con un bordo sommerso nel golfo di Pozzuoli. È quella che si definisce una caldera, una conca formata da due grandi collassi dei serbatoi di magma avvenuti 39.000 e 15.000 anni fa, nelle due più imponenti eruzioni del vulcano.

Anche se attualmente non c’è attività eruttiva, i Campi Flegrei registrano però una continua attività vulcanica di fondo con frequenti terremoti di lieve entità provocati dalla deformazione del suolo. L’area è attentamente monitorata anche perché abitata da 360.000 persone.

Eruzione: possibile ma non scontata. «La prima volta che abbiamo usato questo modello è stata nel 2017 e da allora i Campi Flegrei si sono comportati come previsto, con un numero crescente di piccoli sismi a indicare la pressione sottostante» spiega Christopher Kilburn, primo autore. «Il nostro nuovo studio conferma che i Campi Flegrei si avvicinano alla rottura. Tuttavia, ciò non significa che un’eruzione sia garantita. La rottura potrebbe aprire una frattura nella crosta, ma affinché avvenga un’eruzione, il magma ha bisogno di spingere nel punto giusto». Ora, spiegano gli scienziati, si tratterà di stimare le probabilità che il magma o il gas trovino nuove vie da percorrere per risalire la superficie.

Un elastico tirato al limite. Negli ultimi 10 anni il suolo del vulcano in corrispondenza di Pozzuoli si è sollevato di circa 10 cm all’anno, e per la prima volta dalla metà degli anni ’80 si sono verificati persistenti microterremoti (più di 600 dei quali soltanto nell’aprile 2023).

Secondo gli esperti all’origine ci sarebbe il movimento di fluidi (magma ma anche gas vulcanico) a circa 3 km nel sottosuolo, che si insinuano nelle fratture della roccia e riempiono la crosta come una spugna, deformandola.

La frequenza e la tipologia di sismi suggerisce che la roccia stia rispondendo in modo non elastico, rompendosi anziché piegandosi. Per i ricercatori, il massimo stress che le rocce dei Campi Flegrei possono sopportare prima di rompersi è oggi circa un terzo rispetto a quello del 1984.

La quiete prima della tempesta. Secondo gli scienziati un’eventuale eruzione potrebbe essere preceduta da segnali di maggiore quiete, come una minore intensità di terremoti e un minore sollevamento della crosta. Lo stesso è accaduto nel 1994 al vulcano Rabaul della Nuova Guinea, molto simile come conformazione ai Campi Flegrei.

Ma questa temuta eruzione potrebbe anche non avvenire, come precisa Stefano Carlino dell’Osservatorio Vesuviano (INGV): «I Campi Flegrei potrebbero assettarsi su una nuova routine di graduale sollevamento e subsidenza, come per altri vulcani simili nel mondo, o semplicemente tornare in quiescenza. Non possiamo ancora essere certi di cosa accadrà. L’importante è essere preparati ad ogni evenienza».

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