Nuova traduzione per la “Certosa di Parma”, classico mainstream dell’Ottocento
Il lettore colto, o che si percepisce tale, prova sempre una certa vergogna ad ammettere di non aver mai letto Madame Bovary, l’Ulisse di Joyce, Il Gattopardo o altri citatissimi capolavori della letteratura. E’ per questo che i classici non si leggono, si rileggono sempre – o almeno è quello che si dice agli altri. E la nuova traduzione di Margherita Botto, appena uscita per Einaudi, della Certosa di Parma è l’occasione per riprendere in mano uno dei classici più mainstream dell’Ottocento, con la scusa di “rileggerlo” in una nuova versione italiana. Farlo uscire in un’edizione cartonata, invece del solito tascabile, aiuta il primo lettore a pensare di leggere una novità e non un paperback per liceali. Il libro di Stendhal, scritto nel 1838 – si dice in soli cinquantadue giorni, dove l’autore si barricò nell’appartamento parigino di rue de Caumartin – è diventato il preferito di Walter Benjamin. Fu Balzac, recensendolo, a far scoprire lo Stendhal scrittore. Uno scrittore spesso impreciso, che non ebbe desiderio di rilavorare sulla stesura del libro per correggerlo. In questo è l’anti Flaubert.
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